Transizione green, perché richiede un approccio di neutralità tecnologica

Come si possono raggiunge davvero gli ambiziosi obiettivi globali di decarbonizzazione che ci siamo posti come comunità internazionale (se non globale)? Di sicuro non concentrando la ricerca, lo sviluppo e gli investimenti su una singola tecnologia, il cui fallimento comprometterebbe l’intera transizione. Al contrario, il raggiungimento dell’obiettivo finale non può che essere frutto di un progresso trasversale che coinvolge tutti i settori. Per esempio la promozione delle rinnovabili, così come l’elettrificazione e la riduzione dei consumi, giocano un ruolo decisivo in questa partita, ma non esiste tra loro una gerarchia né sono gli unici aspetti che contano.

Per progredire il più velocemente possibile, infatti, conviene disporre di un mix di tecnologie applicabili a vari settori ed esigenze, dallo sviluppo delle agro-energie ai vettori decarbonizzanti, passando per le bio-energie e i combustibili alternativi come l’idrogeno. Questo approccio, come vedremo più in dettaglio nel seguito, va sotto il nome di neutralità tecnologica, in cui uno degli elementi chiave è il procedere parallelamente su vari settori, ciascuno dei quali potrà avere un ruolo significativo verso il Net Zero.

Prospettive di transizione energetica

Secondo lo scenario delineato dalla Agenzia internazionale dell’energia (Iea), il raggiungimento della neutralità climatica sarà il risultato del contributo di numerose tecnologie concomitanti. Infatti, soltanto il 25% della trasformazione deriva dall’eolico e dal solare, mentre un 20% è ascrivibile all’elettrificazione e il restante 55% è suddiviso tra variazione dei consumi, efficienza energetica, combustibili alternativi, sistemi di stoccaggio, bioenergie e idrogeno. Tra qualche anno questi numeri, che già di per sé raccontano un’importante eterogeneità, potrebbero essere molto diversi: il mercato delle rinnovabili e lo sviluppo dei nuovi settori energetici sono ancora incerti, con alcune tecnologie già mature, altre in fase di sviluppo e altre ancora bloccate per questioni burocratiche o formali. È possibile dunque che le previsioni di sviluppo di un settore non siano rispettate e sia necessario ricercare altre soluzioni: è in questo scenario caratterizzato dall’incertezza che la diversificazione può essere la chiave per tenere aperte più strade e adattarsi in maniera rapida ed efficace alle inevitabili evoluzioni del mercato.

Del resto, l’obiettivo di giungere all’azzeramento delle emissioni nette di anidride carbonica è ancora lontano in termini temporali, e le variabili in gioco sono davvero numerose. A oggi, occorre considerare anche i settori che più impattano sulle emissioni climalteranti: come emerge dal report fornito dall’Agenzia europea dell’ambiente (Eea), oltre un 10% deriva dall’agricoltura e più del 9% dai processi industriali, a cui seguono la gestione dei rifiuti e la mobilità.

Fonte : Wired