Cristiana palestinese in ‘fermo amministrativo’. Pastore Isaac: vittima dell’ingiustizia

Layan Nasir, 23enne originaria di Birzeit, sottoposta al provvedimento di “detenzione amministrativa”. Bendata e ammanettata nella notte da una pattuglia di militari senza mandato di arresto né capi di imputazione a suo carico. Leader luterano di Betlemme: Israele gode di “impunità” e si arroga il “diritto di distruggere la vita di milioni di persone”.

Gerusalemme (AsiaNews) – “Non vi è alcuna motivazione, né vi sono altre ragioni se non il fatto che viviamo sotto un’occupazione coloniale e colonizzatrice che ha goduto per troppo tempo di impunità e si sente in diritto di distruggere la vita di milioni di persone”. È quanto sottolinea ad AsiaNews il reverendo Munther Isaac, pastore della Chiesa Evangelica Luterana di Betlemme, commentando “la detenzione amministrativa” disposto da Israele a carico della giovane cristiana palestinese Layan Nasir, arrestata la scorsa settimana. “Un provvedimento – prosegue il leader cristiano – che è applicato a carico di altri 4mila palestinesi circa. Un termine che gli israeliani usano per giustificare la detenzione di persone che non hanno alcuna accusa a loro carico”. 

La notte del 6 aprile scorso a Birzeit, cittadina palestinese, una pattuglia composta da una quindicina di soldati israeliani armati si è presentata alla porta di casa della famiglia Nasir in cerca della figlia 23enne, senza alcun mandato di arresto o accusa a suo carico. Come raccontato dalla famiglia a The Guardian, che ha denunciato la vicenda, la madre Lulu Aranki e il padre Sami – coppia mista di cristiani, cattolici e anglicani – vengono bloccati con le pistole puntate al volto. Dopo una perquisizione durata diversi minuti, i militari prelevano Layan, non prima di averla bendata e ammanettata, disponendo a suo carico – unica cristiana ad oggi – il provvedimento di detenzione amministrativa. “La detenzione di Layan – afferma il reverendo Isaac – ci ricorda la nostra vita di cristiani sotto l’occupazione israeliana. I cristiani palestinesi non sono solo parte integrante del popolo palestinese, ma hanno sofferto proprio come il resto della popolazione”.

A carico della ragazza non vi sono accuse o capo di imputazione, ma è stata fermata in via “preventiva” e alla famiglia non è stato notificato alcun provvedimento. La sua vicenda, che rischiava di passare sotto silenzio come molte analoghe a carico dei palestinesi, ha avuto ampia eco grazie a un messaggio pubblicato su X (ex Twitter) dal primate anglicano Justin Welby, che ha manifestato profonda preoccupazione e lanciato un appello per la liberazione. “Dovremmo esercitare tutte le pressioni possibili – afferma il pastore luterano – non solo per liberare lei, ma tutto il nostro popolo dalle carceri dell’occupazione, per porre fine all’occupazione stessa e per ottenere e garantire giustizia per tutti”. 

Il reverendo Munther Isaac è pastore della Evangelical Lutheran Christmas Church a Betlemme e della Lutheran Church a Beit Sahour. Egli è anche un accademico del Bethlehem Bible College e direttore della celebre conferenza “Christ at the Checkpoint” quest’anno in programma dal 21 al 26 maggio, giunta alla settima edizione e incentrata sul tema “Do Justice, Love Mercy: Christian Witness in Contexts of Oppression”. In riferimento alla situazione dei cristiani in Palestina la definisce “critica: siamo al punto più basso dal 1948” ma al tempo stesso “non perdiamo la speranza e, soprattutto, crediamo nella giustizia della nostra causa”. “Vediamo – prosegue – come le nostre terre vengono rubate e il nostro popolo attaccato. Israele “gode di impunità e l’Occidente sembra non preoccuparsi molto di noi” aggiunge, ma “sappiamo che la nostra causa è giusta. Continueremo a esistere e a diffondere il nostro messaggio – conclude – non solo perché è un dovere come palestinesi, ma anche perché è un dovere come cristiani”. 

La detenzione amministrativa applicata da Israele permette di fermare un sospetto per lunghi periodi, anche senza accuse precise o processo. Tale misura, un tempo applicata solo verso militanti palestinesi, ora vale anche per gli israeliani sebbene i critici si mostrino scettici sulle modalità di applicazione. Questo strumento, fonte di polemiche e proteste per violazione dei diritti umani, viene solitamente solitamente usato quando le autorità dispongono di informazioni che collegano un sospetto a un crimine, ma non hanno prove sufficienti per sostenere le accuse in un tribunale. Le detenzioni possono essere rinnovate in modo unilaterale da un tribunale militare ogni sei mesi e i prigionieri rimanere in carcere anni. Mentre alcuni palestinesi sono detenuti senza accuse note, i motivi più comuni vanno dagli appelli alla violenza online alle (presunte) attività terroristiche.

Layan è una delle migliaia di palestinesi in stato di detenzione senza accuse, fra i quali almeno 85 sono donne, ma è la sola di religione cristiana. Critici, attivisti e ong pro-diritti umani sottolineano che la norma è parte del sistema di apartheid applicato dallo Stato ebraico nei confronti dei palestinesi. “Israele – afferma il movimento Btselem – usa abitualmente la detenzione amministrativa. Nel corso degli anni, ha messo migliaia di palestinesi dietro le sbarre per periodi che vanno da diversi mesi a diversi anni, senza accusarli, senza dire loro di cosa sono accusati e senza rivelare le presunte prove a loro o ai loro avvocati”. 

Fonte : Asia