Perché è così difficile regolamentare tecnologie come l’intelligenza artificiale? Nel 1980 il professor David Collingridge ha descritto questo dilemma come un paradosso. Per saggiare il reale impatto di un’innovazione occorre attendere che si sviluppi e si diffonda: intervenire subito renderebbe le norme incapaci di governarne i risvolti futuri. Però, una volta che la tecnologia è matura e radicata, si rischia di perdere il potere e la capacità di regolarla. Il dilemma di Collingridge si lega al “problema del ritmo” postulato dallo studioso Larry Downes: la tecnologia si evolve esponenziale, mentre i sistemi giuridici, sociali ed economici lo fanno in modo incrementale.
Uscire da quest’impasse non è facile. Per questo, da alcuni anni in tutto il mondo si sta sperimentando un nuovo tentativo di avvicinare lo sviluppo tecnologico alla regolamentazione. Sono le cosiddette regulatory sandbox, e presto potrebbero essere adottate anche per l’intelligenza artificiale.
Cosa sono
Le regulatory sandbox sono ambienti, fisici o virtuali, in cui le aziende possono sperimentare nuovi prodotti o servizi tecnologici sotto la supervisione delle autorità di settore, per un periodo limitato, e con la possibilità di beneficiare di deroghe alle norme vigenti.
Il termine “sandbox” richiama quello che in informatica è il tipico ambiente di prova delle applicazioni. Altrettanto pertinente è il rimando ai box di sabbia dove i più piccoli si divertono con paletta e secchiello: esattamente come i bambini, autorizzati dai genitori a sperimentare nuove forme di creatività in uno spazio isolato e controllato e per un tempo determinato, godendo di regole fisiche del tutto eccezionali, i produttori che partecipano a una sandbox possono testare nuovi modelli di business in sicurezza e con una maggiore libertà d’azione.
A livello procedurale, lo schema tradizionale prevede l’istituzione di questi spazi tramite leggi che ne disciplinano ogni aspetto. Le aziende interessate devono quindi rivolgersi all’ente pubblico responsabile, candidando il proprio progetto innovativo. Valutata l’ammissibilità, la sperimentazione può prendere il via secondo le istruzioni e in costante dialogo con le autorità di riferimento.
Partecipando a una sandbox, le imprese hanno l’occasione di sperimentare prodotti o servizi in un ambiente reale ma a rischio controllato, in un regime di esenzione temporanea dai requisiti normativi di settore, in stretta sinergia con regolatori e autorità. Questi ultimi possono al contempo raccogliere nuovi dati e competenze per verificare l’efficacia e, se del caso, migliorare il quadro normativo e l’attività di supervisione.
Dal fintech alle auto a guida autonoma
Secondo i dati dell’OECD, oggi in tutto il mondo esistono circa un centinaio di iniziative di sandbox. Si tratta in ogni caso di un paradigma nato negli anni più recenti. Progetti simili hanno iniziato a emergere nel 2012, con la prima regulatory sandbox lanciata ufficialmente nel 2015 dalla Financial Conduct Authority del Regno Unito nell’ambito dei servizi finanziari. Il fintech è stato la culla degli spazi di sperimentazione normativa: hanno seguito l’esempio anglosassone molti altri paesi, come Hong Kong, Singapore, India e Arizona. Questo inedito approccio ha poi trovato grande diffusione anche in altri settori, come quello energetico, in ambito sanitario o nei trasporti, in particolare per quanto riguarda le auto a guida autonoma. Non mancano poi i programmi di sandbox trasversali: una linea seguita, ad esempio, da Giappone, Germania e Portogallo. A inizio 2023 l’Unione europea ha lanciato uno spazio di sperimentazione normativa per la blockchain (l’European Blockchain Regulatory Sandbox).
L’esperienza italiana
Anche l’Italia ha introdotto uno spazio di sperimentazione normativa nel settore del fintech. Ciò è avvenuto per mano del Decreto Legge n. 34 del 30 aprile 2019 (Decreto crescita) e del successivo Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 100 del 30 aprile 2021. Tale quadro normativo, che ha individuato quali autorità di vigilanza Banca d’Italia, Consob e Ivass, è stato peraltro recentemente aggiornato dal D.L. n. 25 del 17 marzo 2023 (Decreto fintech) in un’ottica di semplificazione. Accanto al settore dell’innovazione finanziaria, con il Decreto Legge n. 76 del 16 luglio 2020 (Decreto semplificazioni) è stato avviato anche il progetto “Sperimentazione Italia”, che segue invece un approccio multisettoriale.
Regulatory sandbox e IA
Alla luce delle esperienze e dei risultati raccolti, non poteva mancare un impiego degli spazi di sperimentazione normativa anche per i sistemi di intelligenza artificiale. In Norvegia, ad esempio, l’autorità privacy (Datatilsynet) ha inaugurato una sandbox incentrata sullo sviluppo dell’IA rispettoso delle norme sulla protezione dei dati personali. Un’iniziativa simile è stata intrapresa anche in Colombia.
Lo scorso anno, poi, la Commissione europea e il governo spagnolo hanno presentato un progetto pilota per la realizzazione della prima regulatory sandbox sull’intelligenza artificiale. Questa notizia anticipa quanto previsto dall’Artificial Intelligence Act. Difatti, il nuovo regolamento europeo sull’IA include tra le misure a sostegno dell’innovazione anche l’istituzione di spazi di sperimentazione normativa, definiti come un “un ambiente controllato stabilito da un’autorità pubblica che facilita lo sviluppo, le prove e la convalida in condizioni di sicurezza di sistemi di IA innovativi per un periodo di tempo limitato prima della loro immissione sul mercato o della loro messa in servizio conformemente a un piano specifico soggetto a vigilanza regolamentare”. Inoltre, con la versione della legge proposta dal Parlamento europeo, a cui si deve anche l’inserimento della proposta definitoria, viene richiesto a ciascuno stato membro, da solo o con altri, di istituire almeno uno spazio di sperimentazione normativa a livello nazionale, che dovrà essere operativo al più tardi il giorno dell’entrata in applicazione del regolamento stesso.
È evidente allora l’importanza che il legislatore europeo intende attribuire alle regulatory sandbox pet il futuro sviluppo dell’IA. Collingridge sosteneva che “quando il cambiamento è facile, non se ne può prevedere la necessità; quando la necessità di un cambiamento è evidente, il cambiamento è diventato costoso, difficile e richiede tempo”. Soltanto l’esperienza ci dirà se gli spazi di sperimentazione normativa potranno effettivamente contribuire a risolvere questo paradosso.
Fonte : Repubblica