Sette stelle per sette possibili sfere di Dyson

Nella pressoché sconfinata letteratura che si occupa degli alieni, o meglio dovremmo dire di forme di vita extraterrestre, un posto particolare è occupato dalle sfere di Dyson. Si tratterebbe di megastrutture che circonderebbero delle stelle allo scopo di catturarne tutta l’energia luminosa. Esistono? Come per gli alieni, la risposta finora è solo una: non si sa. Ma se ne continua a parlare e vengono tirate in ballo per spiegare possibili anomalie astronomiche. E’ successo anche di recente, quando un gruppo di ricercatori guidati da Matias Suazo della Uppsala University ha annunciato la scoperta di sette stelle candidate a ospitare sfere di Dyson. Sette su un campione di cinque milioni di oggetti, scrivono dalle pagine del Monthly Notices of the Royal of Astronomical Society. Che significa?

Civiltà aliene e sfere di Dyson

Risposta breve: le sfere di Dyson sono ancora un’ipotesi affascinante per chi si occupa di forme di vita extraterrestre o quanto meno di rivelare qualcosa che sia compatibile con la loro esistenza. D’altronde, confida a Wired Gabriele Ghisellini, ricercatore Inaf, astrofisico e divulgatore, non potrebbe essere altrimenti, considerato da dove arrivano le sfere di Dyson. “Il fisico inglese Freeman Dyson, da cui prendono il nome, è stato un illustre scienziato, in odor di Nobel, con numerosissimi interessi scientifici”, tra cui, appunto anche quelli per le forme di vita extraterrestri. “Era convinto che il grado di civilizzazione fosse proporzionale al grado di energia consumata. Nel caso di civiltà molto evolute la strategia per avere molta energia sarebbe quella di raccogliere quanta più luce possibile dalla stella attorno cui gira il proprio pianeta” spiega ancora Ghisellini “un modo potrebbe essere quello di ricoprire il pianeta di pannelli solari per raccogliere la luce incidente. Ma è anche possibile immaginare di estendere questi collettori, immaginando strutture più grandi. Il massimo sarebbe appunto ricoprire tutta la stella, in una sfera che intercetti così tutta la luce”.

Parliamo di quantità enormi di materiali, con scarti e ripercussioni altrettanto enormi a livello ambientale, ma stiamo pur sempre parlando di superciviltà, perché mettere dei limiti? scherza Ghisellini. La questione – fuori di fattibilità, a giudizio pur sempre umano – è piuttosto un’altra. “Per individuare possibili tracce di queste megastrutture l’energia catturata dalle sfere non può essere persa, ma viene riemessa in maniera per così dire degradata” riprende il ricercatore “in questo caso si tratterebbe di luce infrarossa, frequenze di radiazioni più basse della luce visibile intercettata”. Ecco perché la ricerca di sfere di Dyson procede andando alla ricerca di emissioni a bassa frequenza. Ed è questo quello che hanno fatto i ricercatori guidati da Suazo, partendo dal presupposto che finora non ci sono indizi abbastanza forti da fare credere che abbiamo davvero mai trovato un’ipotetica sfera di Dyson. Non che siano mancate le segnalazioni: qualche anno fa, per esempio, a tenere banco era stato il caso della Tabby Star, protagonista di insolite oscillazioni luminose, credute prima sciami di comete, quindi effetti riconducibili a una sfera di Dyson e quindi riconosciute solo come prodotto di polveri spaziali.

Sette possibili sfere di Dyson

Ma torniamo a oggi. I ricercatori hanno condotto una ricerca di possibili sfere di Dyson – magari non completate e dunque anche parziali, precisano – utilizzando i dati provenienti dal satellite Gaia, dal telescopio spaziale Wise e dalla survey di osservazioni astronomiche 2MASS, studiando un totale di 5 milioni di oggetti e concentrandosi appunto sugli eccessi di emissioni nell’infrarosso. In questo ricco catalogo, sette sono le stelle candidate a ospitare possibili sfere di Dyson, meritevoli, a giudizio dei ricercatori di ulteriori indagini. Si tratta nello specifico di sette stelle nane di tipo M, spiegano, con un eccesso nell’infrarosso di origine “incerta” e al momento non “facilmente”“chiaramente” spiegabili con fenomeni astronomici.

Da dove vengono queste anomalie?

Sette oggetti dunque compatibili con le idee di strutture artificiali create da civiltà molto evolute. Compatibili è l’aggettivo chiave per interpretare il senso del nuovo studio. “Come indicano loro stessi, ulteriori studi di spettroscopia, in cui si scompone la luce per analizzarne in dettaglio le caratteristiche, aiuteranno a capire meglio la natura di queste sorgenti” riprende Ghisellini “le sfere di Dyson non sono che un esempio estremo di quanto osservato, potremmo essere di fronte a strutture parziali, come appunto anelli di Dyson lungo l’orbita del pianeta. Una possibilità è che, più che a strutture artificiali, quanto osservato sia dovuto a polvere che intercetta e riemette infrarosso in modo naturale. Magari queste stelle non si sono ancora liberate delle polveri in cui sono nate. Gli autori infatti escludono o credono quanto meno improbabili fenomeni naturali che possano spiegare le anomalie di infrarosso osservate ma al tempo stesso ammettono: “Sebbene i nostri candidati mostrino proprietà coerenti con sfere di Dyson parziali, è decisamente prematuro presumere che la radiazione infrarossa presente in queste sorgenti abbia avuto origine da loro”.

Solo dunque continuando a studiare sarà possibile comprendere meglio, escludere o confermare ipotesi. Ad affermazioni straordinarie devono corrispondere prove straordinarie. Non possiamo dire che non esistono altre civiltà e non possiamo escludere nulla, anche se le probabilità sono minime”, conclude Ghisellini.

Fonte : Wired