Billie Eilish è l’artista perfetta per chi si sente sempre fuori posto

Il punto è che Billie Eilish è un cortocircuito. Non c’è stata, negli ultimi quarant’anni, un’altra artista che sentendola desse l’impressione d’entrare nella camera di un adolescente, che odorasse, letteralmente, di gioventù, con un linguaggio fatto di codici segreti condivisi solo con i coetanei e un’influenza da popstar planetaria, e che al tempo stesso fosse così radicale nelle scelte e alternativa nella musica, per cui la critica si strappa i capelli. Di solito, si fatica a prendere sul serio un cantante che a 22 anni ha venuto cinquanta milioni di dischi: si pensa a un prodotto di plastica, orecchiabile e semplicistico, che racconta il mondo per meglio di quello che è davvero; insomma, una delle tante illusioni più o meno usa & getta dell’industria. E invece il nuovo, attesissimo album Hit me hard and soft fa anche molto altro. 

Una popstar riluttante

E invece il suo pop ha la lunga gittata incorporata, certo, e su TikTok ci sta pure bene; ma è anche pieno di elementi fuoriposto, disagio, storture. Rispetto a colleghe e colleghi che masticano numeri simili, come Dua Lipa o la stessa Taylor Swift, la narrazione e il personaggio di Eilish sono più sofferti e meno costruiti, patinati. Se ci sono paragoni all’orizzonte, riguardano nomi come Lorde e Damon Albarn, quindi un pop alternativo e intelligente ‒ se non proprio di un’altra epoca ‒ che non ha le sue cifre da stadio. Apertamente bisessuale e vegana, poi, ha un’estetica neanche assimilabile a ciò che è di moda (“odio la moda”), oltre delle posizioni che per una così significano più nemici che amici, specie nella salvaguardia dell’ambiente e i diritti degli animali.

E allora? E allora è uno strano, felice paradosso: sebbene, per certi versi, sia un alieno del pop, per tanti ragazzi nel mondo che si sentono fuori posto è facile rivedersi in lei, e in una musica che non ha niente di scontato. Non ce l’ha neanche questo Hit me hard and soft, terzo disco della carriera, a tre anni dal precedente Happier than ever ma sempre prodotto con il fratello Finneas, in bilico tra icona globale e artigianato di famiglia. Il risultato è un lavoro non immediato e senza un singolo da battaglia, ma pieno di episodi notturni o sussurrati, in cui sembra prendersi gioco della musica dei grandi fornendone una sua versione, come succede in The greatest, che parte come una filastrocca svogliata, con puntate nere in stile emo, e poi deflagra in una grande ballata epocale.

Intorno, chitarre acustiche, archi e divagazioni elettroniche, tutto è meno sintetico e artificioso che in passato, non c’è niente che suoni appiccicoso o banale; più che un disco scuro, è un disco, per sua stessa ammissione, oscuro, “pieno di fantasmi”, con dentro pezzi nati da bozze di cinque anni fa, con i quali in tutto questo tempo sulla giostra ha cercato di riconnettersi alle radici, alla sua parte bambina. In questo caso ‒ ed è un altro dei suoi segreti ‒ è un lavoro cantautorale, che racconta il sesso (Lunch, in questo senso, è già una pietra miliare), la scoperta di sé e in generale la crescita dell’ultimo tempo, che passa per la malinconia (Bittersuite) o vere e proprie ossessioni (The diner). Hit me hard and soft è un lavoro intelligente, regale, ma che si porta dietro anche la sporcizia, la sincerità e l’urgenza di quel Soundcloud da dove lei è partita: non è scontato che raccolga i risultati che raccoglie.

Poteva succedere solo adesso

Soprattutto, è un lavoro pop, di quelli che sa fare solo lei e che inverte anche una tendenza storica: dove prima, di solito, si allestivano sogni e motivetti orecchiabili, qui si punta sulle sensazioni e l’assenza di filtri per creare una connessione diretta con i fan, smontare e rimontare l’idea stessa di una popstar. Ed è per questo, probabilmente, che la critica ne resta affascinata, perché una così alternativa non s’era mai vista, a certi livelli. Ma è sempre questo, alla fine, che la rende un’artista che non ha niente di giusto o di divistico, e che resta fuori dal giro giusto: banalmente, in radio e in contesti adulti è ancora difficile da codificare e collocare; è per tanti, non è per tutti.

O meglio: è generazionale, se fosse nata in un’altra epoca non avrebbe avuto questo successo o forse non sarebbe stata proprio così, mentre ha cambiato le regole del pop esattamente come si dice che oggi voglia cambiarle, nel mondo, la generazione zeta. Di più, quest’album è la testimonianza di come stiano crescendo e di come affronteranno l’età adulta lei e i suoi coetanei, cioè per ora senza tradirsi. Se poi questi discorsi siano solo aria fritta e Eilish, in realtà, rappresenti l’eccezione che conferma la regola, al momento non è dato saperlo. Nel dubbio, la luce di Hit me hard and soft abbaglia tutte le possibili risposte.

Fonte : Today