Hamas tratta l’accordo. Israele: “Primi ostaggi liberi anche prima della fine della guerra”

Hamas sarebbe “vicina” ad accettare la bozza dell’accordo israeliano per il cessate il fuoco a Gaza: lo scrive la testata israeliana Haaretz, citando fonti di stampa arabe. Da stamane, sabato 4 maggio, sono in corso colloqui in Egitto coi leader del movimento palestinese, mediati anche da esponenti del Qatar.

Secondo indiscrezioni, Hamas avrebbe ricevuto “garanzie” dagli Stati Uniti sul completo ritiro dell’esercito israeliano dalla Striscia di Gaza e, che Tel Aviv porrà fine all’operazione contro l’enclave una volta liberati i propri cittadini, tenuti in ostaggio dallo scorso 7 ottobre. In caso di luce verde, verrebbe implementato il cessate il fuoco permanente, condizione per Hamas necessaria per qualsiasi intesa.

Alti funzionari israeliani riferiscono intanto che, secondo le prime indicazioni, “Hamas accetterà di portare a termine la prima fase dell’accordo – ovvero il rilascio umanitario di ostaggi – anche senza un impegno ufficiale da parte di Israele a porre fine alla guerra”. Lo rende noto su X il giornalista Barak Ravid del giornale israeliano Axios.

Il “niet” di Netanyahu a fermare la guerra che complica l’intesa 

Ma sull’accordo pesa tuttavia la posizione del premier israeliano Benjamin Netanyahu che sarebbe non solo a contrario un “cessate il fuoco”, ma anche fermamanete determinato a entrare a Rafah. Haaretz cita, a tal proposito, un funzionario israeliano in condizioni di anonimato, secondo cui “Israele, in nessuna circostanza, accetterà di porre fine alla guerra come parte di un accordo”. Israele resta inoltre “determinato ad entrare a Rafah” ha aggiunto la fonte.

Una dichiarazione che suona come benzina sul fuoco e che potrebbe far saltare nuovamente l’intesa, infiammando ancora una volta le proteste all’interno della scena politica israeliana. 

Da Israele si invita alla prudenza, ma media sauditi parlano di “scambio di prigionieri” 

E sulla trattativa rimane molta incertezza. “Hamas non ha ancora risposto formalmente all’ultima proposta”. A sottolinearlo è stato Benny Gantz, ex capo di stato maggiore israeliano, membro del gabinetto di guerra, che ha criticato le fonti che commentano anonimamente le notizie relative ai negoziati in corso.

“Consiglio alle ‘fonti diplomatiche’ e a tutti gli altri protagonisti delle decisioni di attendere gli aggiornamenti ufficiali, di agire con moderazione e di non farsi prendere dall’isteria per motivi politici”, ha dichiarato in un comunicato.

“Quando Hamas presenterà una risposta, il gabinetto di guerra si riunirà per deliberarla” ha poi affermato. La dichiarazione arriva dopo che un funzionario israeliano vicino ai colloqui ha negato che Israele abbia accettato di porre fine alla guerra nel quadro di un accordo, ed ha ribadito la promessa del premier Benjamin Netanyahu secondo cui un’operazione a Rafah andrà avanti con o senza un accordo.

Resta quindi l’attesa per la risposta di Hamas. E la testata saudita Al-Sharq News diffonde un’altra indiscrezione, questa volta sul nodo dello scambio tra ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi: Israele sarebbe disponibile a rilasciare il leader del partito Fatah, Marwan Barghouti, arrestato nel 2002 e condannato all’ergastolo. I funzionari di Tel Aviv avrebbero però chiarito che il rilascio dovrà avvenire a Gaza, e non in Cisgiordania, dove il politico è detenuto. Al-Sharq news aggiunge che Hamas avrebbe proposto, nella sua bozza di accordo, il rilascio di venti prigionieri palestinesi condannati all’ergastolo in cambio della liberazione di una soldatessa israeliana. Dal momento che si troverebbero nelle mani di Hamas tra le cinque e le sei soldatesse, il gruppo potrebbe ottenere la liberazione di un centinaio di detenuti.

La situazione umanitaria diventa sempre più drammatica 

Nelle ore scorse intanto la Casa Bianca, tramite il segretario di Stato americano Antony Blinken, è tornata a chiedere a Israele di rinunciare all’offensiva armata contro Rafah, città a sud della Striscia che ospita al momento 1,5 milioni di palestinesi, tra residenti e sfollati provenienti da ogni angolo di Gaza, sul totale della popolazione di 2,3 milioni. “Sarebbe oltre l’accettabile” ha detto Blinken.

Oltre alla minaccia degli attacchi ancora in corso e di quello su vasta scala promesso da Israele, la popolazione di Gaza fa i conti con la penuria di aiuti umanitari, che scarseggiano soprattutto nel nord della Striscia, a causa delle forze israeliane che continuano a impedire l’arrivo dei convogli. A nord in particolare, secondo le Nazioni Unite è ormai esplosa “una carestia in piena regola”, che si starebbe “spostando verso sud”. A dichiararlo è stata Cindy McCain, capo del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite. 

“Continuiamo a chiedere il cessate il fuoco e la possibilità di avere un accesso sicuro e senza restrizioni per entrare a Gaza” ha aggiunto McCain. Ogni giorno poi, ha avvisato l’agenzia Onu per i profughi palestinesi (Unrwa), in media 37 bambini perdono la loro mamma a causa di violenze e difficoltà di accesso alle cure mediche

Fonte : Today