Lupi, Gippoliti: “La specie va protetta, ma si intervenga sugli esemplari pericolosi”

AGI – In Italia nel 2022 i lupi secondo una stima erano 3.300, dato senza uguali tra i Paesi dell’Unione europea, e negli ultimi anni hanno creato problemi crescenti a pastori ed allevatori, finora però confinati a qualche trafiletto di giornale o a isolate battaglie locali. “Serve una nuova comunicazione più trasparente e un cambio di passo nella gestione del lupo in Italia, in linea con quanto avviene da anni in altri Paesi europei e negli Usa”, avverte Spartaco Gippoliti, conservazionista dell’Associazione Italiana Wilderness, in un’intervista all’AGI, “questo vuol dire anche mitigare la normativa europea a protezione del lupo. La specie deve restare protetta, ma si deve intervenire con maggiore facilità sugli individui pericolosi, confidenti o problematici ogni qualvolta si renda necessario”.

Si stima che 950 esemplari si muovano nelle regioni alpine e quasi 2400 lungo il resto della penisola, anche in regioni come la Toscana dove la settimana scorsa si è svolto il convegno ‘Emergenza lupo, le verità da sapere’ a Laterina, in provincia di Arezzo. Allevatori, esperti e amministratori si sono confrontati sulle conseguenze della mancata gestione del lupo in Italia e sulla necessità di un equilibrio accettabile tra esigenze delle comunità rurali e tutela della fauna. Malgrado i 500.000 Euro che la regione Toscana spende annualmente per indennizzare le perdite, infatti, pastori e allevatori hanno messo in rilievo che i danni economici, come quelli legati allo stress post-predatorio nelle pecore sopravvissute, sono sempre maggiori di quelli indennizzati.

 

Nel convegno è stato inoltre evidenziato da più parti che il lupo sta modificando la fisionomia degli allevamenti ovini, con la rarefazioni del pascolo brado e la stabulazione degli animali all’interno di stalle protette, due cambiamenti che hanno conseguenze sia sulla qualità del latte che sul benessere degli animali. I piccoli allevatori sono quelli che soffrono di più.

La Direttiva comunitaria Habitat del 1992 (recepita dall’Italia nel 1997) proibisce la cattura, l’uccisione, il disturbo, la detenzione, il trasporto, lo scambio e la commercializzazione del lupo, che rischiava l’estinzione nel Vecchio Continente. Tuttavia sono ammesse eccezioni e la stessa presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha recentemente invitato le autorità nazionali a valutare abbattimenti mirati, ove necessario.

“Il livello di tutela del lupo va abbassato”, ha avvertito von der Leyen, in un videomessaggio trasmesso durante il congresso della Svp a Merano, “non è l’uomo che si deve adeguare alla presenza del lupo, ma è il lupo che deve imparare a convivere con l’uomo”.

In Francia, dove sono presenti circa 900 lupi, lo scorso anno ne sono stati abbattuti quasi 200. In Svizzera lo scorso inverno ne sono stati uccisi una quarantina ma restano una minaccia per l’economia alpestre: nel 2023 si contavano 71 lupi e 13 branchi nel Canton Vallese, dove vengono allevate le pecore di razza bianca alpina, e si sono registrate 401 predazioni.

“La convivenza non si ottiene con l’approccio paternalistico e vagamente colonialista come è accaduto fino a oggi” in Italia, sostiene ancora Gippoliti, “bisogna instaurare un dialogo paritetico con allevatori e agricoltori. Sono infatti le comunità rurali le sole che pagano oggi il costo reale e salato della presenza del lupo in Italia. Un dialogo di cui si avvantaggerebbe la società intera. Non sfugge a nessuno, infatti, che è dalla tutela dell’economia rurale che discendono molte delle eccellenze agroalimentari italiane”.

 

Fonte : Agi