Nuove scoperte e speranze per un mondo “plastic free”: la bioplastica di origine vegetale come composto alternativo alla plastica.

Per coltura idroponica si intende quel tipo di coltivazione che, al posto della terra, utilizza soluzioni acquose con sali nutritivi: tutto ciò che è necessario alla pianta viene fornito tramite l’acqua, a differenza della coltivazione in terreno dove la pianta svolge un ruolo attivo, andando a cercare in profondità le sostanze nutritive, con un conseguente grande dispendio di energia. Con la tecnica idroponica si risparmia alla pianta questo lavoro, perché trova direttamente nell’acqua in cui è immersa gli elementi che le servono per crescere e sopravvivere.

Partendo da questo scenario, Michael VanDuzee – grande appassionato e cultore del sistema idroponico, conosciuto per il suo progetto Keep on Growin’ – racconta come in questo tipo di coltura sia solitamente impiegata la plastica, perché facilmente reperibile, economica, durevole e semplice da lavorare, a differenza di materiali naturali quali pietra, vetro, legno e metallo.

Tuttavia, sappiamo bene che la plastica non è un elemento presente in natura, ma viene realizzata con gas e prodotti petroliferi, motivo per cui alcune persone temono che possa penetrare nelle piante che stanno coltivando.

Ecco che, per contrastare tale rischio, VanDuzee sta sperimentando nuove combinazioni di sostanze di origine vegetale per ottenere un composto alternativo, totalmente green.

Coltivare il cambiamento: sembra plastica, ma non lo è.

In un video pubblicato recentemente sul suo canale YouTube, Michael VanDuzee mostra alcuni suoi tentativi di creare una bioplastica di origine vegetale che sostituisca l’utilizzo della plastica.

Zucchero di mais, glicerina, aceto e acqua sono gli ingredienti che hanno dato vita al primo sorprendente risultato: ha scaldato in una padella questi 4 elementi naturali, mescolandoli fino a ottenere un composto omogeneo, ha steso il tutto su di un tappetino in silicone e l’ha lasciato riposare 6 ore all’interno di un essiccatore.

Il foglio realizzato, considerando i soli componenti naturali, è un ottimo punto di partenza. Pur avendo l’aspetto di un foglio di plastica, è fatto di mais e non di petrolio, e risulta commestibile. Tuttavia, non si presenta resistente quanto la vera plastica e si può strappare facilmente. In un secondo tentativo, realizzato con il medesimo procedimento, è bastato stendere un composto di spessore maggiore per ottenere molta più resistenza.

Dati i limiti riscontrati nel primo campione, un successivo esperimento ha previsto la combinazione di fibra di vetro e resina, dando vita ad un foglio veramente resistente e flessibile, soprattutto dopo l’applicazione di una benda di garza.

Un ulteriore tentativo è stato fatto aggiungendo al composto dei semi: immaginando che l’utilizzo finale possa essere un sacchetto usa e getta per fare la spesa, una volta usato, gettandolo non solo si decomporrebbe molto velocemente ma potrebbe anche far crescere delle piante.

La bioplastica applicata alla coltura idroponica

“Di fronte a un bicchiere di plastica fatto di petrolio, e un bicchiere derivato dallo zucchero di canna, per quanto siano entrambi difficili da compostare, quale sceglieresti per far crescere la tua piantina?”

Al di là del fattore durezza e resistenza, un grande limite dei fogli di bioplastica realizzati, è proprio l’acqua: se rimangono bagnati troppo a lungo, perdono la loro consistenza, diventando inutilizzabili.

Ecco quindi analizzati nuovi elementi:

  • due sacchetti compostabili, uno classico e uno con la cerniera richiudibile.
    Questi possono decomporsi naturalmente senza che ci siano condizioni speciali ma, a differenza di quanto si possa immaginare, resistono all’acqua per intere settimane, rivelandosi delle ottime soluzioni all’interno del sistema idroponico, in particolare per la coltura di microgreens e di baby greens
  • un bicchiere realizzato con lo zucchero di canna.
    Assomiglia totalmente ad un bicchiere di plastica e può essere utilizzato per la coltura idroponica. Il suo unico limite si presenta in materia di riciclo: pur trattandosi di materiale compostabile, dev’essere trattato in un strutture speciali, ad oggi poco presenti sul territorio internazionale.

Nonostante le diverse lacune riscontrate nelle bioplastiche realizzate e presentate, Michael VanDuzee non nasconde l’entusiasmo ed emozione per i risultati raggiunti, e invita i giovani spettatori a spremere le proprie menti e a sperimentare per coltivare il cambiamento.

Fonte : Today