La beffa del bonus di 100 euro in busta paga

Il nuovo “bonus di 100 euro” in busta paga per i lavoratori dipendenti è per pochi. E non sarà nemmeno di 100 euro, perché la somma va intesa al lordo dell’Irpef (che sarà trattenuta al lavoratore). In sostanza, per la maggior parte dei beneficiari, l’importo netto sarà pari a 77 euro (calcolando un’aliquota Irpef del 23% che si applica ai redditi fino a 28mila euro). Il bonus spetterà solo a chi rispetta determinati e rigidi requisiti reddituali e familiari. È rapportato ai mesi lavorati, esattamente come accade per la tredicesima mensilità, va chiesto al datore di lavoro ed è un’indennità corrisposta una tantum: si riceve una sola volta. Ma andiamo con ordine.

Grazie al via libera dell’ultimo Consiglio dei ministri al decreto attuativo della delega fiscale su Irpef e Ires, da gennaio 2025 arriverà questo indennizzo riconosciuto dal governo ai lavoratori dipendenti con redditi fino a 28mila euro. Il bonus che arriverà in busta paga nei giorni della prossima Epifania “è il primo tassello cui seguirà, trovando le relative risorse, l’intervento per le tredicesime. Non è che abbiamo una visione strabica per imprese e lavoro autonomo, prestiamo altrettanta attenzione al lavoro dipendente, che ha numeri molto più rilevanti. Bisogna trovare equilibrio per le coperture”, ha dichiarato il viceministro dell’economia e delle finanze, Maurizio Leo.

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I requisiti reddituali e familiari per il bonus da 100 euro lordi (77 netti)

Sta di fatto che il bonus, come si legge nella bozza del decreto, è riconosciuto ai lavoratori dipendenti che soddisfano determinate condizioni per l’anno 2024: il reddito complessivo non deve essere superiore a 28mila euro e l’imposta lorda determinata sui redditi da lavoro dipendente percepiti dal lavoratore (esclusi pensioni e assegni) deve essere d’importo superiore a quello delle detrazioni spettanti al lavoratore. In parole povere, significa che il contribuente deve avere “capienza Irpef”: se le detrazioni di cui usufruisce sono pari o superiori alla somma versata come imposta sul reddito, non avrà diritto al beneficio. Il motivo è semplice: trattandosi di uno “sconto” sull’Irpef non può essere erogato a chi è esentato dall’imposta. Nei fatti, dunque, anche quei lavoratori che si trovano sotto la cosiddetta “no tax area” non avranno diritto al bonus.

Non solo, perché andranno soddisfatte anche alcune condizioni relative al nucleo familiare: per chiedere il bonus, il lavoratore dipendente dovrà avere il coniuge e almeno un figlio, entrambi a carico. Famiglie monoreddito, quindi. Inoltre, il decreto guarda anche ai nuclei monogenitoriali, prevedendo che il lavoratore debba avere almeno un figlio a carico con l’altro genitore che manca oppure che non abbia riconosciuto il figlio e il contribuente non sia coniugato o, se coniugato, si sia successivamente separato.

A chi spetta il bonus da 100 euro in busta paga

Occhio poi alle ritenute, come detto all’inizio: il bonus in questione sarà a importo variabile a seconda dell’aliquota e delle detrazioni d’imposta spettanti al dipendente. L’aliquota da considerare è quella marginale del 23%, trattandosi di redditi complessivi fino a 28mila euro. Da considerare inoltre che l’importo spettante sarà rapportato al periodo di lavoro e, quindi, se un lavoratore sarà assunto il 1° luglio il bonus di partenza sarà di 50 euro e su questo saranno applicate le ritenute. Significa che solo chi ha maturato 12 mesi di lavoro nel 2024 avrà dunque diritto all’indennizzo pieno da 100 euro lordi (77 netti). Con un periodo lavorato di 6 mesi, l’importo lordo sarà di 50 euro e la somma spettante al netto dell’Irpef sarà di 38,5 euro (con un l’aliquota del 23%).

Il bonus va chiesto al datore di lavoro

L’indennità sarà erogata con la busta paga di gennaio 2025 e interesserà circa 1,1 milioni di famiglie. Per ottenerlo, sarà il lavoratore a chiedere il bonus al datore di lavoro, attestando per iscritto di averne diritto e indicando il codice fiscale sia del coniuge che dei figli. A loro volta i sostituti d’imposta potranno recuperare il credito maturato in compensazione con le imposte e i contributi da versare. Inoltre, saranno sempre i sostituti d’imposta a verificare in sede di conguaglio il diritto all’indennità e, se la stessa si dovesse rivelare non spettante, saranno i datori di lavoro a recuperare l’importo già erogato.

Fonte : Today