Perché andare al cinema è un atto dovuto. Oggi più che mai

Negli ultimi 20 mesi alcuni dei ricordi migliori che ho accumulato sono legati ai viaggi e al cinema. Non il cinema visto dallo spioncino della serratura di un piccolo schermo del PC, ma il cinema cinema, un luogo che le ultime decadi hanno condannato a un declino che sembrava inesorabile, e ancora più inesorabile dopo l’autoerotismo cinematografico del Covid, per una centrifuga di ragioni per certi versi molto giuste.

I primi ricordi delle uscite adolescenziali sono inevitabilmente legate al cinema, così come generazione Millenials comanda. Sono fasi della vita ancora intonse da cellulari, prive di balletti su Tik Tok, ma punteggiate di uscite al parchetto, vasche nel centro cittadino e cinema appunto. Il luogo dove i genitori, forse, ci reputavano maggiormente al sicuro piuttosto che in mezzo a una strada con i pantaloni calati. Ma questa magia si è rarefatta velocemente, andando incontro a un sostanziale stato di abbandono di cui ricordo con sicurezza alcuni passaggi: le poltrone sfondate, i bagni consunti con i rubinetti gocciolanti, gli spifferi di gelo che pizzicavano i polpacci, l’assenza del POS, la sbigliettatrice o lo sbigliettatore scorbutico. Oggi molti dei cinema che ho frequentato in adolescenza sono chiusi, sebbene in una città grande e figlia del cinema come Roma.

Eppure alcune scelte che nel tempo mi sono sembrate casuali mi hanno offerto l’occasione di ri-scoprire la necessità di andare al cinema come atto di resistenza, che si oppone in modo drastico allo stare chiusi dentro quattro mura (ancora? Basta!) a vedersi un film, o una serie tutt’al più da soli, sempre e costantemente soli, in un luogo dove farsi facilmente investire dal peso delle notifiche sul cellulare e dal rumore degli ingranaggi dei propri pensieri. Il cinema, come gli abbonamenti, la palestra, il teatro, i ristoranti, può essere una voce di costo che in molti hanno deciso in modo indolore di depennare, persuasi che fruire di qualche film con pigiama e beverone al seguito sia una soddisfazione molto più grande che uscire di casa apposta per fissare uno schermo.

Questo perché a differenza di altri luoghi della performance, andare al cinema viene reputato un atto meno condiviso e più elitario. Si riceve passivamente il prodotto, si paga pure per farlo, si sta in silenzio e si riduce anche un po’ lo spazio dell’ego. Eppure – ritornando al punto – l’esperienza può dimostrarci questo ma anche tutto il suo contrario. C’è il primo giorno di proiezione di un grande kolossal in un cinema gremito di locals e di expat, con il pubblico che mormora tutto insieme e poi letteralmente insorge dopo aver realizzato che non ci sono i sottotitoli, ma va in onda la versione doppiata. C’è quella volta in cui – per caso – si materializza la regista Sofia Coppola dall’altro del mondo, per raccontare il suo film, Priscilla, in una pausa tra le vacanze di Pasqua che trascorre nella tenuta di famiglia in Napa Valley. C’è il cinema da 70 posti di una cittadina dell’Umbria nascosto dentro una chiesa medievale sconsacrata che manda il film mentre fuori cadono valanghe di pioggia. Ci sono poi cose che non cambiano, come gli spettatori che ruminano durante il film, i film troppi e alcuni molto brutti, i cinema con una programmazione senza sorprese. Ma è ancora vero, e lo sarà per chi vorrà fare un atto di fede, che il cinema è un luogo di comunità e, come tale, non va abbandonato alla solitudine.

Fonte : Today