Clima, Corte europea condanna la Svizzera. Inammissibile il ricorso dei giovani portoghesi

Rigettata la causa dei govani portoghesi contro il proprio Paese e altri 31, tra cui l’Italia, accusati di aver fallito nel proteggere i loro diritti umani dagli effetti pericolosi del surriscaldamento. Condannata invece la Svizzera, accusata da un’associazione di anziane donne di non aver promosso misure per il clima. Attesa ora per il verdetto su un terzo ricorso, quello dell’ex sindaco del Comune di Grande-Synthe contro la Francia 

Il caso dei sei giovani portoghesi contro il proprio Stato e altri 31 Paesi è inammissibile. Questo è il verdetto della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha rigettato il ricorso presentato dal gruppetto di ragazzi che tentavano di costringere 32 governi europei a intraprendere un’azione più ambiziosa per combattere il cambiamento climatico. Tra i Paesi coinvolti nel caso c’è anche l’Italia. La decisione della Cedu non può essere impugnata e la domanda può essere rinviata a un giudice nazionale.

Il caso portoghese

I sei giovani promotori del ricorso sono fratelli e cugini di tre famiglie portoghesi. I 32 Paesi sono stati denunciati in quanto, sostengono i giovani, i loro governi hanno fallito nel proteggere i loro diritti umani dagli effetti pericolosi del surriscaldamento. Per il gruppo infatti il cambiamento climatico è diventato la più grande minaccia della contemporaneità, con migliaia di morti ogni anno causati dal caldo estremo. Il caso del Portogallo ha origine nel giugno del 2017, quando quattro incendi uccisero 64 persone e ne ferirono più di 250: il bilancio aumentò nei mesi successivi arrivando ad oltre 1000 morti nell’ottobre dello stesso anno.

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Il caso svizzero

La Corte Europea dei diritti dell’uomo ha condannato invece la Svizzera. Per la prima volta un Paese è considerato colpevole in merito alla mancata tutela dei diritti umani nell’ambito del rispetto degli obblighi sul clima. Il ricorso era stato presentato da un’associazione di anziane donne che ha in parte vinto la sua causa: la Cedu infatti, escludendo la violazione dell’articolo 2 dalla sentenza, ha condannato lo Stato elvetico per aver violato l’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, ovvero il diritto al rispetto della vita privata e familiare, in quanto non ha preso sufficienti misure per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. Nel condannare la Svizzera la Cedu afferma che il Paese “non ha adempiuto ai suoi obblighi in materia di cambiamenti climatici e che ci sono state deficienze critiche nel processo che doveva permettere di creare un quadro normativo, compresa l’incapacità delle autorità di quantificare attraverso un bilancio del carbonio o in altro modo i limiti delle emissioni nazionali di gas a effetto serra”. La Corte ha basato la propria decisione su alcune considerazioni preliminari. Innanzitutto il fatto che “un’azione inadeguata dello Stato per combattere i cambiamenti climatici aggrava i rischi di conseguenze dannose e minaccia il godimento dei diritti umani”. Inoltre Strasburgo evidenzia “che vi sono indicazioni sufficientemente affidabili” in merito all’esistenza dei cambiamenti climatici di origine antropica. Cambiamenti di cui gli Stati “sono consapevoli” e che potrebbero essere affrontati “efficacemente con misure adeguate”. I rischi per la popolazione, hanno poi sottolineato i giudici europei, sarebbero “inferiori se l’aumento della temperatura fosse limitato a 1,5° gradi rispetto ai livelli preindustriali e se si agisse con urgenza”. 

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Greta Thunberg: “E’ solo l’inizio”

La decisione della Cedu di condannare la Svizzera per la mancanza di iniziative contro il riscaldamento globale “è solo l’inizio delle controversie sul clima”. Così Greta Thunberg, attivista svedese per il clima, ha commentato la sentenza. “Questo è solo l’inizio del contenzioso sul clima: in tutto il mondo, sempre più persone stanno portando i loro governi in tribunale per ritenerli responsabili delle loro azioni. In nessun caso dobbiamo tirarci indietro, dobbiamo lottare ancora più duramente perché questo è solo l’inizio”.

Il caso francese

La Corte Europea oggi è chiamata a emettere un verdetto anche su un altro caso, ovvero quello dell’ex sindaco del Comune di Grande-Synthe contro la Francia. In tutti e tre i ricorsi i governi sono accusati di violare il diritto alla vita e quello che impone il rispetto per la vita privata e familiare. 

Fonte : Sky Tg24