Nasa, la caccia alle microplastiche arriva nella stratosfera

La Nasa, in collaborazione con l’Istituto politecnico nazionale (Ipn) – una delle più grandi università pubbliche messicane – e la National science foundation statunitense, ha pianificato una missione suborbitale individuare i contaminanti presenti nella stratosfera, in particolare le microplastiche.

Il progetto di ricerca (ribattezzato missione FY25) si svolgerà tra la fine di quest’anno e l’inizio del 2025 e prevede l’utilizzo del modulo EMIDSS-6 (Experimental module for the iterative design for satellite subsystems), una piattaforma sperimentale sviluppata dall’Ipn dotata di un sistema di imaging ambientale che consentirà di identificare gli inquinanti nell’aria e analizzare le varie componenti dell’ambiente stratosferico a basse latitudini.

La missione seguirà un percorso orbitale della durata di 15 giorni, utilizzando palloni aerostatici a superpressione (Spb), dei particolari mezzi in grado di rimanere in volo per diversi mesi, anche a quote elevate. Il punto di partenza sarà la base McMurdo, localizzata all’estremità meridionale dell’Isola di Ross nel Polo Sud, una struttura gestita dal Programma antartico degli Stati Uniti, dedicato alla ricerca scientifica. Il modulo EMIDSS-6 sarà in grado di raccogliere e memorizzare dati per lo sviluppo di grafici e la scansione dell’ambiente stratosferico a diverse latitudini. Inoltre, documenterà le variabili ambientali attraverso sensori per la misurazione dell’umidità, della temperatura e della radiazione ultravioletta.

Mario Alberto Mendoza Bárcenas, ricercatore del Centro per lo sviluppo aerospaziale (Cda) dell’università messicana e leader del progetto, ha spiegato che il sistema di alta pressione nella regione polare crea una particolare configurazione atmosferica sopra l’Antartide, che consentirà ai palloni aerostatici di mantenere un’altitudine costante per periodi più lunghi.

La collaborazione tra Nasa e l’Ipn fa parte del programma di palloni aerostatici a uso scientifico lanciato dall’agenzia spaziale statunitense negli anni Sessanta. Lo scopo del progetto è quello di fornire a centri di ricerca e università di tutto il mondo un servizio di lancio per palloni senza equipaggio per la ricerca scientifica e l’esplorazione ad alta quota. Ogni anno vengono lanciate tra le 10 e le 15 missioni da basi in Nuova Zelanda, Antartide, Svezia e Stati Uniti.

L’Ipn fa parte di questo programma dal 2019. A settembre dello scorso anno, l’università messicana ha partecipato con successo alla missione FY23-FTS con il modulo EMIDSS-4, lanciata dalla base di Fort Sumner, situata nel Nuovo Messico, negli Stati Uniti. Anche in quel caso, l’obiettivo della ricerca era quello di raccogliere informazioni sulle variabili atmosferiche e di testare le prestazioni dei due computer sviluppati dall’istituto universitario.

I risultati di quel test verranno utilizzati per ottimizzare la progettazione della strumentazione da utilizzare nella missione spaziale TEPEU-1, un progetto messicano incentrato sullo studio della ionosfera e della sua relazione con i fenomeni meteorologici spaziali. I risultati sono stati usati anche per perfezionare la modellizzazione di ITESAT-1, un satellite a bassa orbita che sarà utilizzato per ottenere immagini per la prevenzione degli incendi boschivi nella Riserva della biosfera “la Primavera”, un’area naturale protetta che si estende per più di 300 chilometri quadrati nel Messico occidentale.

Questo articolo è precedentemente apparso su Wired en español.

Fonte : Wired