Zest, i piani dell’incubatore di startup nato da Lventure e Digital Magics

Si chiama Zest il nuovo incubatore italiano per startup, nato dalla fusione di Lventure e Digital Magics. La società sarà operativa dal primo aprile e sarà quotata in Borsa a Milano, Marco Gay è designato presidente e Luigi Capello amministratore delegato. Tre gli azionisti forti: StarTip, il veicolo dedicato all’innovazione di Tamburi Investment, possiederà il 13,7% del capitale sociale; l’università Luiss l’11,73% e Capello il 9,55% delle quote. Anche se nessuno avrà da solo il controllo di Zest, un patto parasociale blinda la governance della società perché vincola per un triennio ben oltre il 40% delle azioni.

La fusione è tecnicamente una reverse acquisition. È Lventure che ingloba Digital Magics che però vale di più (23 milioni di capitalizzazione in Borsa contro 13,5) e ha il portafoglio più ricco: le partecipazioni di Lventure sono state valutate 27,3-28,4 milioni di euro (poco più di 40 centesimi per azione), mentre quelle di Digital Magics tra 47,1 e 48,5 milioni (oltre i 4 euro). Grandezze che hanno portato a stabilire a 9,2 il valore di concambio, con i soci di Digital Magics pronti a ricevere 46 azioni di Zest ogni 5 possedute dell’ormai vecchia holding guidata da Gay.

“Con Zest – dice Marco Gay – nasce il leader di mercato in Italia nel campo degli investimenti pre-seed e del corporate venturing: una realtà con dimensione rilevanti per attrarre capitali, talenti e startup a livello europeo. Un’operazione di ecosistema e di scala, in un mondo, quello italiano del Venture Capital, troppo frammentato, che pensiamo possa fare d’apripista a nuove aggregazioni”.

Per Capello, “i vantaggi della nostra unione sono molteplici: abbiamo soci di riferimento di assoluto rilievo, sinergie importanti nei verticali di investimento, nelle startup in portafoglio e nei corporate partner che sono del tutto complementari e, fatto non banale in Italia, superiamo i campanilismi, con una presenza capillare su tutto il territorio italiano. Insieme avremo la potenza per continuare a dimostrare come la tecnologia e il digitale siano un primario abilitatore per la crescita delle imprese anche in uno scenario geo-politico complesso come quello che stiamo affrontando”.

Sette exit all’anno fino al 2026

Il valore del portafoglio è determinante per sostenere i progetti futuri di Zest. Nel piano industriale per il triennio 2024-2026, consultato da Wired, emerge la necessità di soldi per sopravvivere nel primo anno di vita. Servono 1,2 milioni di euro per dare benzina al piano industriale, ma a marzo Zest “non dispone del capitale circolante sufficiente per far fronte ai propri fabbisogni finanziari correnti” e può contare su risorse che sono attese esaurirsi alla fine del mese di settembre 2024. La strada obbligata è vendere alcune partecipazioni: Zest, si legge, “ritiene di coprire il fabbisogno finanziario netto con gli introiti attesi per le exit”. Per quest’anno sono già in corso trattative per incassare 1,6 milioni di euro, ma senza uscite, mette in guardia il management nel prospetto informativo, “sarebbe compromessa” la capacità di “proseguire l’attività aziendale e di migliorare il profilo reddituale, in assenza di fonti alternative di finanziamento allo stato non individuate”.

Fonte : Wired