Facebook e Instagram “nascondono” la politica, parte l’esposto all’Agcom: “Chi decide cosa censurare?

La “censura” dei contenuti che parlano di politica e temi sociali da parte di Meta, il colosso che gestisce i social network Facebook, Instagram, Threads e Whatsapp, diventa un caso politico. Dopo le interrogazioni parlamentari presentate dal deputato dem, Marco Furfaro e dal senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia, 43 parlamentari di tutti i partiti, dal Partito Democratico a Fratelli d’Italia, da Alleanza Verdi Sinistra a Italia Viva, hanno firmato un esposto all’Agcom, un’azione promossa dall’esperto social e attivista politico Leonardo Cecchi.

A decidere cosa rendere meno visibile è un’intelligenza artificiale

“A partire dal 2021 – si legge nell’esposto – la multinazionale Meta ha iniziato progressivamente a implementare una policy di controllo diretto sull’informazione politica, sociale e civica, prodotta inizialmente per la sua piattaforma principale, Facebook, e poi estesa a Instagram e Threads. Tale policy, annunciata dalla stessa compagnia per tramite di uno scarno aggiornamento sul suo sito opera su tutte le pubblicazioni considerate politiche, non solo su quelle potenzialmente pericolose, sensibili o contenenti fake news. Come spiegato dalla stessa multinazionale, la policy lavora attraverso un’IA che analizza preventivamente i contenuti pubblicati da utenti e pagine, decidendo poi se, come e quanto alternarne la visibilità presso il pubblico. I criteri e le specifiche modalità con le quali Meta opera tali decisioni sono altresì totalmente sconosciuti, ma prescindono in larghissima misura dalla volontà dell’utente finale, ossia il lettore (in altri termini: risulta di fatto irrilevante che un utente abbia espresso la volontà di leggere i contenuti di una fonte, dato che la decisione di rendergli agilmente fruibile il contenuto pubblicato spetta a Meta)”.

“La riduzione delle interazioni di politici e alcuni giornalisti e autori di vario genere – si legge ancora nell’esposto inviato all’Agcom – ha subito crollo tra il 50 e l’80 per cento. In questo quadro, alcuni autori sembrano essere stati penalizzati molto più di altri (appunto fino all’80 per cento); altri ancora hanno subito una penalizzazione inferiore (fino a un minimo del 50 per cento); mentre alcune fonti stanno a tutt’oggi ricevendo dei boosting di notevoli dimensioni, venendo i loro contenuti appunto autopromossi (a titolo gratuito) da Meta stessa presso il pubblico”. Per i promotori, l’iniziativa della società di Mark Zuckerberg rappresenta un “serio pericolo” per il corretto funzionamento del sistema democratico, perché attraverso un’opaca promozione di alcune fonti rispetto ad altre si verrebbe a creare una “distorsione della concorrenza politica” e un conseguente inquinamento del voto democratico”.

Infine, l’esposto sottolinea un tema già emerso in altre circostanze, ovvero l’eccessiva concentrazione di potere in capo alla multinazionale:  “Meta – si legge ancora nel documento – è praticamente un monopolio dell’informazione social, controllando essa la quota maggiore di questa infrastruttura critica. Arrogandosi il potere di controllare, gestire e distribuire a suo piacimento l’informazione politica, senza  condividere neppure nessuna informazione su come lo faccia, essa acquisisce un potere immenso e totalmente sproporzionato, essendo così (virtualmente) nelle condizioni di poter indirizzare l’opinione pubblica dove più ritiene funzionale o decretare il successo o il fallimento di politici”.

Furfaro (Pd): “Così l’opinione pubblica viene distorta”

Tra i più attivi a Montecitorio nel promuovere l’esposto, il deputato del Partito Democratico, Marco Furfaro: “È allucinante – spiega a Today.it – pensare che oggi Meta, praticamente un monopolio del settore, possa decidere, da sola, quali contenuti politici le persone debbano o non debbano vedere e quali fonti debbano essere promosse e quali oscurate, il tutto sulla base di criteri e considerazioni che la multinazionale non condivide e di cui nessuno sa niente. Le persone si informano anche sui social e se le notizie, se i fatti e le opinioni lì espresse sono frutto di una manipolazione a monte, l’opinione pubblica viene distorta. Per questo servono chiarezza e trasparenza”. Gli fa eco Leonardo Cecchi: “Meta sta facendo qualcosa di pericoloso, per questo abbiamo presentato un esposto. Nessuno sa su che basi e criteri questa multinazionale alteri la visibilità dell’informazione politica sui suoi social. Chi ci garantisce che sia tutto trasparente? Che non vengano promossi alcuni temi e alcune fonti e viceversa? I dati in nostro possesso ci dimostrano che ci sono disparità di trattamento, per altro. E nettissime, con autori promossi e altri totalmente silenziati. Meta è un’infrastruttura critica ed è vitale che cessi immediatamente di mettere mano ai flussi d’informazione”.

Fonte : Today