Taiwan: chi è Lai Ching-te, il nuovo presidente

Per Tsai a Taiwan non serve dichiarare l’indipendenza perché di fatto esercita già la sua sovranità, seppure appunto all’interno dell’ambiguo perimetro della Repubblica di Cina fondata da Sun Yat-sen, retaggio della guerra civile persa da Chiang contro i comunisti di Mao Zedong. Una posizione centrista nel panorama politico taiwanese, dove invece Lai ha occupato a lungo una postura più radicale, perseguendo un’indipendenza come Repubblica di Taiwan che reciderebbe qualsiasi legame con la Cina. Ipotesi inaccettabile per Pechino, che non a caso etichetta Lai come un “pericoloso secessionista“, lasciando peraltro intendere di cogliere le differenze che intercorrono con Tsai.

Porsi in linea con la posizione di Tsai ha consentito a Lai di allontanare qualche timore tra l’elettorato taiwanese, nonostante il leader eletto continui a essere ritenuto più “imprevedibile”. Importante allora il ruolo giocato dalla futura vicepresidente, Hsiao Bi-khim. Si tratta dell’ex rappresentante di Taipei negli Stati Uniti ed è considerata la vera erede di Tsai. Non solo, anche Washington anela a un’autorità taiwanese stabile e “prevedibile” (leggasi niente sorprese sull’indipendenza) e il fatto che Hsiao sia un volto ben conosciuto dall’amministrazione Biden viene considerata una garanzia.

Come governerà Lai?

Lecito attendersi che il neo presidente preserverà davvero la linea di Tsai, che ha consentito al Dpp di appropriarsi per la prima volta della retorica della preservazione dello status quo, il vero desiderio della stragrande maggioranza dei taiwanesi. Fino al caos di Hong Kong e al prepensionamento di “un Paese, due sistemi” nell’ex colonia britannica, quel ruolo era sempre spettato al Kmt, unico partito in grado di mantenere il dialogo con Pechino. Tsai è però riuscita a convincere molti taiwanesi che la sua linea è quella funzionale al mantenimento dello status quo, altrimenti messo a repentaglio dalla posizione troppo “filocomunista” del Kmt.

Non va peraltro dimenticato che il Dpp, oltre ad aver perso circa cinque milioni di voti alle presidenziali, ha perso la maggioranza dello yuan legislativo, il parlamento unicamerale di Taiwan. Il Dpp ha un seggio in meno del Kmt, con la terza forza del Taiwan People’s Party (Tpp) a fare da ago della bilancia. Anzi, la divisione dell’opposizione (che in modo inedito ha una terza opzione forte) ha consentito la vittoria di Lai, che non ha i numeri per modifiche costituzionali o passi troppo audaci, nemmeno se li volesse compiere. Ed ecco allora la conferma quasi in blocco, seppure con leggeri spostamenti, di figure note all’amministrazione Tsai nei ruoli chiave. In primis Esteri, Difesa, Sicurezza Nazionale. Anche se in molti storcono il naso per la bassa rappresentanza femminile, che sorprende dopo gli enormi segnali giunti su diritti civili e pari opportunità, tra cui il fiore all’occhiello è la legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Fonte : Wired