La guerra tra Spotify e Apple in Europa non sembra fermarsi

Da anni Spotify e Apple sono acerrime nemiche sul suolo europeo, dove combattono una guerra a colpi di azioni legali per evitare che l’una o l’altra possa detenere il monopolio dello streaming musicale. Tutto è cominciato nel 2019, quando Spotify ha presentato alla Commissione Europea un esposto contro la compagnia di Cupertino, accusandola di sfruttare la sua posizione di rilievo sull’App Store per monopolizzare il mercato, imponendo “una ‘tassa’ del 30%” a tutte le applicazioni che vendono prodotti e servizi digitali all’interno dell’ecosistema Apple.

Dopo anni di battaglie legali, lo scorso marzo la Commissione si è finalmente pronunciata sulla questione, annunciando una multa di 1,84 miliardi di euro ai danni di Apple, per aver impedito “agli sviluppatori di informare i consumatori sui servizi musicali alternativi e più economici disponibili al di fuori dell’ecosistema Apple”. Di tutta risposta, pochi giorni dopo la sentenza, Spotify ha rilasciato un aggiornamento che aggiungeva all’app informazioni utili sui prezzi degli abbonamenti, consentendo quindi agli utenti di collegarsi a sistemi di pagamento di terze parti, esterni allo store di Apple. La risposta di Cupertino a questa novità non ha tardato ad arrivare.

Lo scorso 5 aprile, infatti, la compagnia ha annunciato un nuovo piano che consente alle app di streaming musicale di aggiungere collegamenti che rimandano ad acquisti su piattaforme esterne, precisando però la volontà di avere una percentuale del 27% sugli acquisti. Per bypassare questa “tassa”, Spotify ha presentato un ulteriore aggiornamento della sua app in Europa, eliminando qualunque collegamento al suo sito web per la sottoscrizione dell’abbonamento. Ma Apple ha rifiutato l’aggiornamento, sostenendo che la piattaforma dovesse comunque pagare una commissione, anche senza alcun collegamento presente all’interno dell’app. E ora la questione è di nuovo nelle mani della Commissione Europea, che ha già messo nel mirino Apple etichettandola come “gatekeeper” ai sensi del DMA. E che ora potrebbe travolgerla con un’altra ondata di multe e indagini.

Fonte : Wired