Corruzione alla genovese: la farsa che (non) ha abolito il finanziamento ai partiti

Il governatore della Regione Liguria, Giovanni Toti, e i suoi presunti complici sono innocenti, fino all’eventuale terzo grado di giudizio. Se l’inchiesta arriverà così lontano, probabilmente lo scopriremo entro il prossimo decennio. I tempi medi di un processo, spiega il totalizzatore del ministero della Giustizia, sono tre anni per il primo grado, due per l’appello, uno per la Cassazione. Sei anni in tutto, ma è il tempo medio. Quindi mettetevi comodi e godiamoci l’ennesima tragicommedia: il Toti-gate della politica italiana. Abbiamo tempo fino al 2030.

5) Sono tutti innocenti

La politica si è deprezzata di brutto. Serve un tuffo nel passato per capirlo. La sera di lunedì 17 febbraio 1992 ero di turno in cronaca al Corriere della sera. Goffredo Buccini, allora cronista di giudiziaria, riceve una telefonata. Rimette a posto la cornetta e dice a tutti: ”Hanno arrestato Mario Chiesa”. Lui corre in Procura. Io vado alla casa di Chiesa, senza ricavarci nulla: era ovviamente chiusa e silenziosa. Ma valeva la pena provarci. Quella sera cambierà la storia d’Italia.

Mario Chiesa era il luogotenente del Partito socialista a Milano. Bettino Craxi, il potente segretario nazionale, lo definì un mariuolo. E Chiesa, davanti al magistrato Antonio Di Pietro, diede la spallata alla corruzione della Prima Repubblica. Quel 17 febbraio i carabinieri contarono nel suo ufficio 37 milioni di lire in contanti, meno di 20 mila euro che, secondo l’accusa, erano stati appena consegnati da un imprenditore: ma erano i primi spiccioli, rispetto al traffico di tangenti per miliardi che alimentava i partiti di allora.

4) Politica a buon prezzo

Stupisce oggi che ci si possa rovinare vita e carriera politica per 74mila 100 euro: che, come ricostruisce l’accusa della Procura genovese, sarebbero stati versati al comitato elettorale di Giovanni Toti dagli imprenditori Aldo e Roberto Spinelli, in cambio di presunti favori. Poi ci sarebbe il filone dei supermercati Esselunga che, sempre secondo i magistrati, consisterebbe non in un carico di parmigiano reggiano o di vini doc, ma in alcuni messaggi di pubblicità politica sul pannello luminoso della Terrazza Colombo: ”La location più esclusiva della città”, dice il sito Internet.

Il porto di Genova, tra i capitoli della nuova inchiesta (foto Google)

Ma volete mettere i depositi alle Bahamas, le fughe dei latitanti a Santo Domingo e Malindi, o i conti cifrati a Ginevra della Tangentopoli di fine Novecento? Se non l’avessero arrestato e mandato ai domiciliari, Toti non avrebbe nemmeno varcato il confine: si sarebbe infatti fermato a Ventimiglia, dove l’aspettava in Comune Flavio Briatore, per pubblicizzare il suo nuovo Twiga. Politici all’altezza della sfida internazionale.

3) Il grande affare privato

Briatore non c’entra nulla con l’inchiesta. Ma sempre stando alle accuse dei magistrati genovesi, in cambio di 74mila euro più un biglietto da 100 e di qualche faccione luminoso passato durante i drink sulla Terrazza Colombo, la politica avrebbe concesso tantissimo agli imprenditori coinvolti: permessi e licenze per aumentare i propri affari.

Di cosa è accusato Giovanni Toti – di Antonio Piccirilli

Ecco poi ciò che riguarda invece tutti noi come elettori. Lo racconta a Today.it Ferruccio Sansa, sconfitto alle ultime elezioni regionali proprio da Giovanni Toti: ”Io in quel mese di campagna elettorale avevo a disposizione 50 mila euro, di cui 45mila messi di tasca mia. Giovanni Toti aveva almeno mezzo milione di euro, dieci volte tanto. Erano soldi donati anche dai soggetti coinvolti nell’inchiesta. Dispiace, perché in quel modo la sfida era impari”.

2) Le elezioni falsate

Eravamo nel 2020 e, in percentuale, è finita 56 a 38 a favore di Toti. Forse non è stata soltanto una questione di soldi. Ma certamente aiutano: infatti stanno emergendo altre donazioni al comitato di centrodestra, come quella ”complessivamente di 195mila euro in violazione della normativa sul finanziamento ai partiti politici”, scrivono i magistrati nell’ordinanza di custodia cautelare.

”Avevano così tanti soldi da non sapere come spenderli” – di Fabio Salamida

E qui entra in gioco, secondo la mia opinione, la cosa più importante da sapere. Prima o poi lo dobbiamo ammettere: se eliminiamo il finanziamento pubblico ai partiti, rimane quello privato. E poiché un imprenditore persegue il profitto per definizione, pensare che qualche azienda sborsi 74 o 195mila euro soltanto per la bella faccia dei candidati è pura farsa.

1) Il ricatto dei finanziamenti

Il rimborso elettorale pubblico ai partiti è stato abolito nel 2013, con una legge sostenuta dall’allora premier del Pd, Enrico Letta, su richiesta di Matteo Renzi, dopo una campagna populista del Movimento5Stelle. Votarono a favore: Pd, Forza Italia, Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, Scelta civica e Per l’Italia. Contrari: Lega Nord, Sinistra ecologia e libertà e 5Stelle, ma loro solo perché ritenevano la nuova legge fin troppo morbida. L’associazione dei cittadini in partiti è prevista dall’articolo 49 della Costituzione. E l’attività dei partiti ha un costo. Se qualcuno aveva usato i rimborsi elettorali per comprare mutande di pizzo o pagare cene alle amanti va punito, altro che prescrizione. Ma se vogliamo una politica sana e davvero libera, salviamola dal ricatto dei finanziamenti privati.

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Fonte : Today