Torture al carcere Beccaria, quattro poliziotti aggrediscono un detenuto 15enne

Un detenuto di 15 anni brutalmente picchiato dagli agenti della Polizia penitenziaria nel carcere minorile di Beccaria, a Milano, dove una settimana sono stati arrestati 13 agenti e sospesi altri otto colleghi con le accuse, a vario titolo, di tentata violenza sessuale, tortura, lesioni, maltrattamenti e falso ideologico. Quella che le telecamere interne hanno ripreso è la “scena cruenta” di un pestaggio ai danni di un detenuto di 15 anni. Viene così descritta la vicenda di ordinaria follia in un’annotazione del 15 marzo scorso, redatta dal Nucleo investigativo regionale della Polizia penitenziaria, agli atti dell’inchiesta della Procura di Milano su presunte torture e maltrattamenti nel carcere minorile milanese. 

Calci, pugni e schiaffi: i frequenti e continui maltrattamenti

Nell’annotazione degli investigatori si parla, in particolare, dell’episodio avvenuto l’8 marzo scorso, una delle imputazioni contenute già nell’ordinanza cautelare. Quel giorno il 15enne, che in precedenza si era procurato dei tagli “sulle braccia”, sarebbe stato prima “condotto fuori dalla cella” da quattro agenti e poi trascinato per le scale, “tirandolo anche dal braccio sanguinante”, da uno di loro. Due degli agenti, poi, stando alle imputazioni, lo avrebbero spinto “contro il muro” e colpito “ripetutamente alla testa e al torace” fino a “farlo cadere a terra”. A quel punto uno degli agenti lo avrebbe colpito, quando era a terra, ancora “con numerosi calci”.

Nell’annotazione, depositata agli atti dell’inchiesta dell’aggiunto Letizia Mannella e dei pm Rosaria Stagnaro e Cecilia Vassena e condotta anche della Squadra mobile, vengono ricostruite fotogramma per fotogramma le fasi delle presunte violenze e si legge che i quattro agenti erano “in abiti civili”, ossia senza divise.

La testimonianza di un ex detenuto

A incastrare gli agenti un ex detenuto del carcere. “Lo conosco. Ha partecipato all’aggressione, aveva dei guanti neri e mi tirava gli schiaffi in faccia, ma non li sentivo perché gli altri mi tiravano colpi ovunque, nei giorni successivi mi ha chiesto scusa, ha provato ad aggredirmi anche altre volte ma non ci è riuscito”. Ha raccontato così un 17enne, che era detenuto al Beccaria di Milano, ha effettuato il riconoscimento di uno dei sette agenti della Polizia penitenziaria che lo avrebbero pestato il 18 novembre del 2022. 

Nel verbale, agli atti delle indagini, del 20 marzo scorso, davanti ai pm e agli investigatori, il giovane, tra l’altro assistito da un legale perché accusato a sua volta di resistenza a pubblico ufficiale, effettua i riconoscimenti fotografici degli agenti che avrebbero preso parte all’aggressione. Di alcuni agenti, le cui foto vengono mostrate una dopo l’altra, il ragazzo dice “questa è una brava persona”. Di un altro, invece, precisa: “Ha preso due o tre volte a schiaffi dei ragazzi egiziani che dovevano stare solo un mese. Ho sentito il rumore degli schiaffi”. Il ragazzo a verbale conferma, inoltre, che riferì dell’aggressione alla psicologa, una delle prime a segnalare le violenze, e a sua madre

Intanto, oltre alle otto vittime accertate nell’ordinanza, le indagini si concentrano su altre presunte violenze (una decina i detenuti che saranno ascoltati) e pure sulle sospette omissioni e coperture di personale sanitario, educativo e dei vertici della struttura, tanto che sono indagate le due ex direttrici.

Ascoltati  Don Gino Rigoldi, per 50 anni al servizio dei ragazzi del Beccaria, e don Claudio Burgio, attuale cappellano della struttura carceraria milanese, sono stati sentiti dagli inquirenti nell’inchiesta che ha portato all’arresto di 13 agenti della polizia penitenziaria e alla sospensione di altri otto per presunte torture, maltrattamenti e falso ideologico. Testimonianze in cui hanno raccontato la reticenza dei giovani ospiti, che mai hanno svelato loro paure e presunti maltrattamenti, e che vanno ad arricchire un fascicolo d’indagine che diventerà sempre più corposo.

Il lavoro di ascolto durerà almeno ancora una decina di giorni per sentire altri ragazzi che potrebbero aver visto o subito aggressioni nella struttura, ma anche medici ed educatori che hanno avuto modo di stare accanto alle vittime i cui pestaggi, talvolta, sono stati ripresi dalle telecamere interne del Beccaria.

Aggressioni che gli arrestati hanno spiegato come “difesa” lamentando turni massacranti e assenza di una catena chiara di comando. Domani si concluderanno gli interrogatori dei quattro sospesi, oggi in tre (un quarto non ha risposto alle domande del gip Stefania Donadeo) hanno dato la loro versione rispetto all’accusa di aver falsificato le relazioni di servizio per ‘coprire’ i colleghi.

Fonte : Today