L’antifascismo non è solo di sinistra

Ho passato ore, in questi ultimi giorni, a rispondere a commenti e messaggi di persone che sostengono che il 25 aprile non vada celebrato. Qualcuno lo dice perché è palesemente fascista (esistono davvero persone che ammettono di esserlo, per quanto pazzesco sembri – perfino Ted Bundy fino all’ultimo ha negato la sua vera natura, tanto per farvi capire); qualcuno afferma che da una dittatura siamo passati a un’altra (evidentemente ignaro di cosa sia una dittatura e dunque forse bisognoso di un suo assaggio per poterla distinguere chiaramente dalla libertà della quale ora gode e che gli consente di dire qualunque cosa); altri dicono che poiché fa così tanto discutere forse sarebbe meglio cambiargli nome, o non parlarne affatto, perché fomentiamo solo dissapori (incapaci di capire che se fa discutere è proprio segno dell’estremo bisogno di continuare a parlarne). C’è poi – e questi sono forse, per me, i peggiori – chi dice che insomma ora potremmo anche parlar d’altro, suvvia, son passati quasi cent’anni! È stato bello, tante grazie, ma ora chi se ne frega, i problemi sono altri e giustamente gli italiani son stanchi di tante celebrazioni vuote.

L’antifascismo non è prerogativa della sinistra

La quantità di commenti di questo tenore mi ha molto rattristato. Naturalmente tutti quanti sappiamo che la memoria storica va perdendosi e che stiamo vivendo un momento di grande scadimento della cultura; abbiamo del resto al governo persone che, dopo aver giurato di osservare fedelmente la Carta costituzionale, la quale è potuta nascere solo grazie alla Liberazione dal fascismo, si rifiutano di dichiararsi antifasciste, ed è a loro che va attribuita la più grave delle responsabilità in questa terrificante perdita di coscienza collettiva. Tuttavia, io non posso evitare di rimanere sorpresa, e soprattutto affranta, davanti a questa svalutazione e reinterpretazione della nostra storia recentissima.

Addirittura c’è stato chi mi ha scritto che va bene essere non fascisti, ma “antifascisti” è una parola violenta, che si basa sull’odio per il fascismo, e quindi non andrebbe incoraggiata. Ma quando mai odiare il fascismo può essere una cosa negativa? Com’è possibile che sia sbagliato nutrire i nostri figli nell’odio indefesso per lo squadrismo violento, per la repressione delle libertà, per la coercizione? Non c’è altro approccio al fascismo, se non questo. Non sostenere il fascismo non è sufficiente: bisogna essergli attivamente ostili. Ed è solo se dimentichiamo cosa il fascismo è stato che possiamo ritenere eccessivo il celebrarne la sconfitta. Non si tratta di estremismo: è in realtà l’unica posizione ragionevole e accettabile in un Paese democratico, qualunque sia il nostro orientamento politico. Infatti, l’idea che sia normale che chi ci governa, poiché è di destra, non si dichiari antifascista, è folle: il fascismo è stato combattuto da tutte le forze politiche, alleate contro il nemico della democrazia. Non è perché sono di destra che non vogliono dichiararsi antifascisti, e se non capiamo questo continueremo da un lato a fare un’associazione inesatta tra destra e fascismo, e dall’altro a considerare tutto sommato comprensibile e poco grave questo atteggiamento dei rappresentanti delle istituzioni.

Non possiamo combattere il fascismo con le prese di posizione e gli insulti

Al contempo, sul fronte opposto pare che il sentimento antifascista vada espresso in modo simile alla fedeltà a una squadra di calcio. Durante questa settimana di polemiche, in pochi casi ho sentito o letto interventi veramente utili e sensati sulle ragioni per cui l’antifascismo è essenziale: ci sono state ovviamente figure come Alessandro Barbero, che con l’efficacia e la profondità che gli sono tipiche ci ha aiutato a fare un bel ripasso di storia, ma la gente comune (e anche molti influencer della cultura) ha prodotto come massimo argomento frasi come “fasci appesi” e “il 25 aprile è divisivo solo se sei fascista”.

Quest’ultima frase, per quanto verissima, è in sé inconsistente, perché non ha nessuna utilità all’interno di una discussione collettiva sull’importanza della memoria storica. Discussione che evidentemente abbiamo bisogno di fare, se così tante persone pensano che la celebrazione e il ricordo siano una perdita di tempo o che l’antifascismo sia una cosa desueta, ormai inutile. Limitarsi a insultare chi è di questo avviso è stupido, oltre che sbagliato: non otteniamo niente. L’unico risultato è quello di continuare questa ridicola partita di ping pong tra chi ciarla di dittature comuniste e partigiani criminali e chi sa solo ripetere “tornate nelle fogne”. Gli antifascisti, dimentichi di buona parte del significato del termine (che comprende anche il concetto di tolleranza, apertura al dialogo, senso della collettività), sono soddisfatti della loro superiorità morale, e non necessitano di altro: noi siamo i buoni, gli altri sbagliano, quindi non sta a noi spiegarci, né educarli. Nulla di più sbagliato – e questo vale non solo per chi si occupa di cultura o di politica e quindi ha il dovere di educare il popolo, ma anche per il comune cittadino in una discussione al bar.

Certo che in un mondo normale non starebbe a noi spiegare perché dobbiamo continuare a diffondere il profondo senso della democrazia che è collegato a doppio filo con l’antifascismo. Ma evidentemente non siamo in un mondo normale, ma in un mondo in cui ai cittadini non pare grave che i rappresentanti delle istituzioni non prendano le distanze dal periodo peggiore della nostra storia (del resto, alcuni di loro ne sono i diretti eredi, molto serenamente, alla luce del sole): a questi cittadini va ricordato cosa è stato il fascismo, con racconti, immagini, spiegazioni, video e qualsiasi strumento a nostra disposizione per mostrare, con i fatti, che cos’è una dittatura. Perché quando il popolo è ignorante e smemorato, la colpa non è mai interamente sua, e soprattutto chi si dichiara di sinistra non dovrebbe dimenticarlo mai.

Fonte : Today