Ieri il consiglio dei ministri ha approvato, con un mese di ritardo, il disegno di legge sulla intelligenza artificiale. Era un provvedimento molto atteso su una tecnologia di cui da oltre un anno si parla ogni giorno alternando i toni messianici con quelli apocalittici (a proposito, questa mattina papa Francesco ha ricevuto il gran capo di Cisco Chuck Robbins che ha firmato la Dichiarazione di Roma per un utilizzo etico dell’intelligenza artificiale). Comunque la si pensi con questa tecnologia tutti dovranno fare i conti e non sarà un bolla, una moda di comunicazione, come è avvenuto con il metaverso, gli NFT e la blockchain. Ci sono aziende che stanno già ridisegnando i processi sulla base delle opportunità offerte dall’intelligenza artificiale e sono sempre di più i professionisti che la usano come tutor o consigliere per lavorare meglio.
In questo scenario l’Italia è come al solito molto indietro e questo disegno di legge, qualora fosse approvato, non sembra in grado di farci rimontare molte posizioni in classifica. Epperò resta importante: non tanto per i principi che ribadisce, che sono gli stessi stabiliti dalle norme europee; quanto per il miliardo di euro da investire nelle startup. In Parlamento in sede di approvazione si discuterà molto sul governo di questo settore: a chi deve andare la responsabilità?
Il disegno di legge ha scelto di tenerla sotto la presidenza del consiglio dei ministri tramite l’Agenzia per l’Italia Digitale e l’Agenzia nazionale per la sicurezza informatica. Le opposizioni protestano evidenziando il fatto che eventuali abusi dell’esecutivo nell’uso di questa tecnologia non sarebbero vigilati da una autorità indipendente. In questo scenario si è infilata una norma piccola, apparentemente innocua, ma molto significativa: consente agli studenti delle superiori che hanno un alto potenziale cognitivo di frequentare corsi universitari maturando crediti formativi. E’ una norma a costo zero, ma che permette ai giovani talenti di non sprecare tempo per acquisire formazione e contatti che possono essere fondamentali per il loro futuro e per la ricerca di base e applicata italiana. Sarebbe bello che su questo punto maggioranza e opposizione fossero unite e che anzi, in sede di approvazione, la norma venisse estesa consentendo ai ragazzi di partecipare a progetti di ricerca e di essere qualificati come inventori, godendo degli utili derivanti dalla commercializzazione delle loro invenzioni.
Fonte : Repubblica