Perché gli studenti della Sapienza sono in sciopero della fame dopo gli scontri con la polizia a Roma

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La richiesta di una posizione netta sul conflitto israelo-palestinese da parte della Sapienza, le cariche della polizia fino allo sciopero della fame degli studenti incatenati al rettorato: ecco cosa sta succedendo alla Sapienza.

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Due studenti al secondo giorno di sciopero della fame alla Sapienza, incatenati, come si vede in basso a sinistra, al Rettorato.

Da giorni studenti e studentesse si sono accampati davanti alla Sapienza. Ieri, mercoledì 17 aprile, si sono incatenati al Rettorato e hanno iniziato il loro sciopero della fame. Da tempo, fin dallo scorso ottobre, studenti e studentesse chiedono all’università di prendere una posizione chiara sul conflitto israelo-palestinese, ma l’ateneo, che si è espresso in più comunicati a firma della rettrice e del Senato accademico, ha condannato la violenza, senza prendere esplicitamente le difese della Palestina.

La mobilitazione è sfociata con uno scontro lo scorso martedì fra forze dell’ordine e studenti, caricati dagli agenti. Due studenti sono stati arrestati, oltre 20 gli agenti feriti. Dopo le cariche della polizia, per schierarsi contro “un’università non aperta al dialogo” ragazze e ragazzi si sono incatenati al rettorato.

“Andremo avanti ad oltranza, finché non arriverà una risposta dalla rettrice Polimeni – spiegano a Fanpage.it studenti e studentesse in protesta – Per il momento neanche uno degli esponente degli organi (Consiglio di Amministrazione e Senato Accademico, ndr) si è fatto vedere. Fortunatamente, però, alcuni docenti sono passati e si sono mostrati solidali con noi“. Per le 18 di oggi hanno convocato una grande assemblea invitando anche rettrice e la governance dell’ateneo: “Chiediamo loro di fare un passo indietro rispetto alla loro scelta politica. In caso contrario continueremo a non mangiare e a sostare qua davanti, in catene – ribadiscono a Fanpage.it – Le uniche difficoltà sono logistiche. Ma il nostro obiettivo è più forte di tutto“.

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Perché gli studenti alla Sapienza sono in sciopero della fame incatenati al Rettorato

“Siamo studenti e studentesse dell’Università La Sapienza di Roma, abbiamo deciso di intraprendere uno sciopero della fame dalla mattina di mercoledì 17 aprile, incatenati sotto al rettorato del nostro ateneo”. Così ragazzi e ragazze che frequentano la prima università di Roma hanno comunicato la loro mobilitazione, in un appello a “democratici, pacifisti e società civile per fermare il genocidio in Palestina”.

Una forma di “protesta non violenta”, scelta dopo mesi di mobilitazione eterogenea e diffusa in diversi ambiti della società. “A tutto questo però è corrisposto soltanto un preoccupante avvitamento antidemocratico che nei casi più estremi si è tradotto anche in manganelli e violenza repressiva su studenti e studentesse – hanno spiegato citando le cariche di martedì e ricordando le tensioni precedenti – Dobbiamo fare di più e farlo meglio: siamo in sciopero della fame perché il nostro Paese non è ancora disposto ad adoperarsi per costruire le condizioni per la pace, ma non c’è più tempo di aspettare. E siamo incatenati e in sciopero della fame al rettorato della Sapienza perché è dal cuore della più grande università d’Europa. Il cambiamento dovrebbe iniziare da qui“, confidano.

Si tratta di un chiaro segnale contro la rettrice Antonella Polimeni, alla quale chiedono di chiudere immediatamente i rapporti con “le aziende produttrici di armi, come il campione internazionale Leonardo s.p.a. a partecipazione israeliana” e con gli atenei israeliani, con cui La Sapienza collabora a fini di ricerca ad “uso duale”. Secondo gli studenti i servizi, i prodotti e le tecnologie studiate, sono sviluppate per la società civile, ma poi finiscono direttamente nell’arsenale delle guerre in tutto il mondo.

La posizione dell’università La Sapienza

“Condanniamo le violenze in Medio Oriente”, questa la posizione presa da rettrice e ateneo, tramite il Senato Accademico, fin dal mese di ottobre scorso. Una posizione dalla quale da tempo la comunità che vive ogni giorno alla Sapienza ha preso le distanze. Buona parte della componente docenti ha firmato una lettera in cui si chiede di mettere una parola per la pace e si condannano le violenze da Israele nei confronti della Palestina. L’appello è stato presentato lo scorso novembre, ma sembra non sia mai stato preso in considerazione.

Ancora più forte la posizione del corpo studentesco, secondo cui la rettrice e l’intera governance della Sapienza avrebbero le “mani sporche del sangue dei palestinesi”.

Gli scontri fra polizia e studenti

I primi scontri risalgono al mese di ottobre scorso, non appena si è riaperto il conflitto isreaelo-palestinese. Ragazze e ragazzi sono scesi in piazza schierandosi a supporto della Palestina e chiedendo che anche il loro ateneo, quello di Roma La Sapienza, facesse lo stesso, appellandosi alla rettrice Polimeni e al Senato Accademico. Per più di cinque mesi si sono susseguite proteste fino a lunedì, quando sono spuntate le tende. Il giorno dopo ci sono stati scontri fra studenti e polizia, che li ha caricati: alcuni agenti sono stati feriti, due gli studenti arrestati.

Come anticipato, non sono stati i primi scontri fra studenti e le forze dell’ordine. Fin dalla prima seduta del Senato accademico, gli studenti hanno provato a far sentire la propria voce chiedendo una posizione più netta sul conflitto a Gaza.

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Fonte : Fanpage