Cosa accadrebbe se l’Italia venisse attaccata con droni e missili come Israele: lo spiega il generale

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Conflitto Israelo-Palestinese

L’Italia può contare su un’eccellente capacità di identificazione delle minacce aeree, ma di una scarsa capacità di reazione a un attacco missilistico e con droni. Ecco perché, secondo l’ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, il generale Leonardo Tricarico.

Intervista a Generale Leonardo Tricarico

Ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare Italiana.

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Centinaia di missili e droni sono stati lanciati la notte tra sabato e domenica dall’Iran verso Israele. L’operazione, denominata “True Promise”, ha visto l’impiego di circa 170 droni d’attacco (OWA UAV – One Way Attack Unmanned Aerial Vehicle), 30 missili da crociera per attacco terrestre (LACM – Land Attack Cruise Missile) e 120 missili balistici (BM – Ballistic Missile), lanciati a definiti intervalli di tempo dall’Iran per convergere in modo sincronizzato su target militari israeliani soprattutto sulle alture del Golan e nel deserto del Negev.

La totalità dei OWA UAV e dei LACM, nonché il 98% dei BM, sono stati individuati ed abbattuti dall’efficiente dispositivo di difesa aerea israeliano, ma anche da un ampio insieme di sistemi aerei, navali e terrestri, prevalentemente americani, ma anche britannici, francesi e di Paesi regionali preventivamente schierati nell’area.

Come spiega una recente analisi del CeSI (Centro Studi Internazionali) “il significativo apparato di sorveglianza e difesa dello spazio aereo dispiegato ha inoltre permesso di abbattere la maggioranza dei vettori d’attacco prima che raggiungessero il territorio israeliano. Alcuni BM hanno comunque colpito la base aerea di Nevatim, nel Negev, provocando danni complessivamente limitati, mentre detriti di un missile intercettato hanno causato il ferimento di almeno un civile”.

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Ma cosa accadrebbe se un attacco di simili proporzioni venisse lanciato sull’Italia? Nella malaugurata ipotesi ciò dovesse accadere, il nostro Paese sarebbe pronto a difendersi? Fanpage.it l’ha chiesto al generale Leonardo Tricarico, ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare Italiana. E abbiamo scoperto che, sebbene i nostri sistemi di difesa siano in grado di individuare qualsiasi minaccia, le capacità di reazione sono piuttosto limitate.

Il Generale Leonardo Tricarico

Il Generale Leonardo Tricarico

Sabato notte l’Iran ha lanciato centinaia di missili e droni verso Israele come rappresaglia. Secondo molti analisti si sarebbe trattato di un attacco “telefonato”, ampiamente preannunciato, e ciò avrebbe consentito a Tel Aviv di difendersi efficacemente. Lei è d’accordo? 

Non sono d’accordo. Questa ipotesi è stata avanzata da non esperti e va sfatata: quello di sabato non è stato un “colpo di teatro” dall’esito già scritto e predeterminato bensì una prova durissima, reale ed estremamente insidiosa. A questa prova è stato sottoposto l’intero sistema di difesa aerea israeliano, che ha potuto contare sull’appoggio di alcuni Paesi alleati. La capacità di difesa dello stato ebraico è stata molto convincente e ha generato in me una sensazione di sana invidia. Nessun altro Paese al mondo, di fronte a un’aggressione di questo tipo, avrebbe potuto ottenere risultati migliori di quelli di Israele.

Tuttavia gli Stati Uniti avevano avvisato Israele che un attacco da parte dell’Iran sarebbe avvenuto “entro 24-48 ore”…

Ma in quelle condizioni è un’informazione del tutto ininfluente. Conoscere in anticipo la data di un attacco ha certamente senso per un paese in “pace”, ad esempio l’Italia. Israele, al contrario, è in stato di guerra: l’attenzione a Tel Aviv è costantemente ai massimi livelli ed il sistema difesa aerea è il primo a recepire gli allarmi. Per questa ragione in Israele è attivo 365 giorni all’anno, 24 ore su 24.

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La guerra in Ucraina ha mostrato al mondo l’importanza dei piccoli droni come arma di guerra. Come ci si sta organizzando per fronteggiare questa minaccia?

I droni sono comparsi sulla scena bellica per la prima volta nel 1999, in occasione della guerra nei Balcani: in quell’occasione ne avevamo a disposizione 28, appartenenti a più Paesi, e nessuno di quei velivoli venne utilizzato per operazioni di attacco. Servivano semplicemente a scopi di ricognizione, come “telecamere volanti”. Successivamente iniziammo ad utilizzare i droni come veri e propri sistemi d’arma: li mandavamo insieme ai velivoli da caccia ad “illuminare” i target da colpire. Da allora le potenzialità dei droni come strumenti di guerra si sono evolute immensamente ed oggi l’Italia dispone di sistemi sofisticatissimi come i Predator B. Sulla scena tuttavia ne stanno apparendo di altri: di fatto, è ancora in corso l’implementazione di questo strumento e insieme alla capacità offensiva si sviluppa anche quella difensiva.

In che modo?

Le opzioni sono due: i droni possono essere distrutti, oppure possono essere intercettati e “dirottati”. Questo va fatto manipolando o disturbando il segnale che, da terra, indirizza questi velivoli verso i loro obiettivi.

Speriamo non accada mai, ma se l’Italia un giorno dovesse essere bersagliata da un attacco simile a quello rivolto dall’Iran a Israele sarebbe pronta?

No.

Per quale ragione? Come funziona un sistema di difesa aereo?

Partiamo dalla capacità di individuazione del pericolo: l’Italia è inserita nella catena di avvistamento della NATO. Tutta la difesa aerea è sotto comando dell’Alleanza Atlantica anche in tempo di pace, quindi se viene individuata una minaccia non è l’Italia bensì la NATO ad intervenire. Esiste una sola deroga a questa circostanza: quando cioè il velivolo trasporta dei terroristi. In tal caso il nostro Paese può muoversi in autonomia.

Dal punto di vista della capacità di individuazione del pericolo quali sono le capacità italiane?

Il nostro è il Paese meglio attrezzato d’Europa. Oltre a disporre delle capacità NATO infatti ha messo a punto una capacità nazionale che ci consente di intervenire anche dove l’Alleanza Atlantica non è in grado di arrivare. Possiamo essere tranquilli che in Italia non passa neanche un granello di sabbia con intenzioni ostili. Insomma, per quanto riguarda le capacità di avvistamento non abbiamo assolutamente nessun problema.

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Veniamo alle note dolenti. Perché poco fa ha detto di aver invidiato la capacità di risposta israeliana?

Mi spiego. L’avvistamento ovviamente non è sufficiente, perché in caso di pericolo occorrerebbe anche una capacità di reazione. Essa viene affidata agli intercettori pilotati e ai missili teleguidati. Dal punto di vista dei velivoli l’Italia non ha problemi di sorta perché si è dotata di una capacità addirittura superiore al fabbisogno nazionale; non a caso da dieci anni i nostri caccia vengono spediti nel nord Europa, dove sono più sguarniti. I nostri intercettori sono in servizio di sorveglianza 365 giorni all’anno, 24 ore su 24, con qualunque condizione meteo, e sono schierati su tutto il territorio nazionale. In caso di necessità sono in grado di decollare nel giro di pochi minuti. Il problema, dunque, è quello dei missili: in caso di attacco da parte di un Paese nemico l’Italia non disporrebbe di una capacità missilistica adeguata che le consenta di proteggere l’intero territorio nazionale. Dovremmo fare delle scelte ed “arrangiarci” con altri mezzi, ad esempio le navi, che anziché gli spazi marittimi dovrebbero proteggere le aree costiere. Però la coperta è molto, molto corta.

Per quale ragione?

Non abbiamo mai ritenuto di poter essere minacciati da aggressioni simili a quella subita tra sabato e domenica scorsi da Israele. È ragionevole pensare che da questo punto di vista gli italiani possono stare tranquilli, anche se l’attenzione da parte dei militari ovviamente è sempre massima. Tuttavia negli ultimi anni tutti i programmi di ammodernamento e potenziamento dei sistemi missilistici contraerei sono stati sistematicamente modificati, ridotti, rinviati o addirittura. Ne cito solo uno, chiamato CAMM-ER, un programma facente capa a Mbda, società anche italiana, dove solo nel 2022 è stato siglato un contratto di fornitura grazie al quale ci sarà prossimamente un potenziamento nella dotazione di sistemi missilistici per la difesa aerea.

Riepilogando: l’Italia può contare su un’eccellente capacità di identificazione delle minacce aeree, ma di una scarsa capacità di reazione a un attacco missilistico e con droni. È così?

Esattamente.

Se un nemico dovesse inviare uno “sciame” di piccoli droni verso l’Italia, essi verrebbero individuati?

In tempi di pace, come quelli odierni, non ne sarei così sicuro. Se invece dovesse innalzarsi il grado di allerta nessun velivolo ostile, di nessun tipo, potrebbe entrare nel nostro spazio aereo senza essere individuato.

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Fonte : Fanpage