Iran, come è diventata una superpotenza dei droni

Sabato 13 aprile l’Iran ha effettuato un attacco diretto nei confronti di Israele, in risposta al presunto raid israeliano in Siria del 1° aprile, che aveva colpito il consolato iraniano a Damasco. È stato il primo attacco diretto tra le due potenze mediorientali, che finora erano state impegnate in una guerra ombra, senza mai colpire in prima persona.

Secondo i dati diffusi dall’esercito israeliano, Teheran avrebbe lanciato più di trecento droni e missili verso Israele. L’attacco è stato contenuto dalle difese israeliane, che hanno abbattuto circa il 99% della raffica, con il sostegno di Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Giordania. È entrato in funzione anche il sistema di difesa missilistica israeliano Iron Dome, utilizzando il radar per tracciare i razzi. Sebbene l’attacco sia stato largamente controllato, ha comunque sottolineato la centralità dei droni nella strategia iraniana, il fiore all’occhiello dell’industria militare di Teheran.

Un settore in crescita

L’Iran oggi può essere considerato un hub globale per la produzione di droni. Più che per il programma missilistico o per le attività relative agli armamenti atomici, molti esperti temono il Paese per i suoi velivoli. Le origini di questa industria sono da ricercare nella vittoria del regime rivoluzionario, che ha dovuto affrontare le sanzioni statunitensi e internazionali a intervalli regolari da quando i militanti iraniani assaltarono l’ambasciata americana a Teheran nel 1979. La mancanza di tecnologia occidentale di alto livello ha impedito negli anni di acquistare, sviluppare e mantenere una sofisticata forza aerea, spingendo il Paese a trovare soluzioni alternative.

I primi droni prodotti in Iran costituirono un importante arsenale durante il conflitto con l’Iraq degli anni Ottanta, mentre gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita elargivano armi e denaro a Saddam Hussein. All’epoca le élites militari occidentali stavano ancora discutendo le implicazioni etiche e belliche di questi velivoli e l’Iran ne approfittò per guadagnare un vantaggio e muoversi prima degli altri.

Questo portò alla nascita di un ecosistema per lo sviluppo di droni composto da università, aziende private e centri di ricerca militari. All’inizio degli anni 2000, l’Iran condivise gran parte di questa tecnologia con la Siria, il suo più stretto alleato in Medio Oriente. Decine di scienziati iraniani si trasferirono ad Aleppo, nel nord del Paese, per sviluppare nuovi modelli con le loro controparti siriane. Negli ultimi dieci anni, l’industria ha proseguito il suo sviluppo e l’uso dei droni da parte dell’Iran è cresciuto dopo che l’amministrazione americana guidata da Donald Trump ha abbandonato l’accordo sul nucleare nel 2018. Adesso, l’Iran è sulla buona strada per diventare uno dei principali esportatori di armi a livello globale.

Dispositivi all’avanguardia

Soprattutto, gli ultimi anni sono stati un periodo di iper-accelerazione di nuove tattiche e tecniche, e secondo molti analisti militari la maggioranza delle potenze mondiali sarebbe indietro rispetto alle potenzialità di Teheran. I droni iraniani stanno migliorando e stanno diventando sempre più furtivi. A gennaio, le milizie filo-iraniane presenti in Iraq hanno colpito con un drone d’attacco la Torre 22, un avamposto militare statunitense a Rukban, nel nord-est della Giordania. L’esplosione ha provocato la morte di tre soldati statunitensi e il ferimento di altri quarantasette. Il dispositivo iraniano ha penetrato le difese statunitensi facendo da ombra a un drone americano che stava atterrando lì, sorprendendo i militari a stelle e strisce.

Fonte : Wired