Esce dal carcere e dopo 10 giorni diventa presidente del Senegal. Chi è Bassirou Diomaye Faye

Da carcerato a presidente del Senegal. La storia di Bassirou Diomaye Faye è fatta di incredibili sliding doors e sembra già pronta per un film di Nolliwood, la terza industria cinematografica al mondo. Faye è stato eletto capo di Stato del Senegal il 24 marzo, uscito dal carcere appena dieci giorni prima del voto. A pochissima distanza dalla liberazione ha ottenuto alle urne una vittoria schiacciante. Al primo turno, prima volta nella storia del paese, ha collezionato oltre il 53% dei voti, lasciando a netta distanza (35,79%) il candidato della coalizione di governo, l’ex primo ministro Amadou Ba. Questo risultato gli consente di diventare il quinto presidente del Paese dell’Africa occidentale e dei suoi 18 milioni di abitanti a soli 44 anni. Sarà il più giovane capo di stato della storia del Senegal. 

L’alleanza con Ousmane Sonko

La vittoria di Faye deve ancora essere convalidata dal massimo organo costituzionale del Senegal, ma è già stata “accettata” dai suoi avversari politici, in particolare dall’ormai ex presidente Malick Salle. Lo stesso uomo che, tramite la magistratura, aveva spedito Faye in carcere. La storia di Bassirou Diomaye Faye è legata a filo doppio a quella del suo mentore, il popolare Ousmane Sonko, anche lui arrestato e poi liberato subito prima del voto, ma a cui è stato impedito di partecipare alla corsa presidenziale del 24 marzo.

Sia Faye che Sonko, entrambi ex ispettori del fisco, sono stati rilasciati dalla prigione il 14 marzo, per lanciarsi insieme in uno speedy tour elettorale durante il quale sono stati accolti da folle esultanti, al grido di: “Sonko mooy Diomaye, Diomaye mooy Sonko” (Sonko è Diomaye, Diomaye è Sonko). A riconferma di come la popolazione identifichi i due come un’unica entità politica ed umana. Faye, che non ha mai ricoperto una carica elettiva, ha promesso una “rottura” con l’attuale sistema politico. La direzione che ha indicato è quella di un generico “panafricanismo di sinistra”. 

Le origini di Faye 

La biografia racconta in sintesi di un giovane uomo proveniente da un modesto ambiente rurale, musulmano e sposato con due mogli. Nelle occasioni ufficiali alterna il boubou a maniche larghe, un abito tradizionale africano, a completi in stile occidentale in giacca e cravatta. Ha sostenuto gli esami di amministrazione e magistratura del Senegal, diventando un ispettore del fisco, per poi assumere la carica di capo di un sindacato riconducibile a Sonko.

Le strade dei due corrono in parallelo. Nel 2014 hanno fondato insieme il partito politico Pastef, sciolto lo scorso anno dalle autorità governative. “Sono due facce della stessa medaglia con due stili diversi”, ha dichiarato a France24 Moustapha Sarr, ex attivista del Pastef. In omaggio al suo compagno politico, Faye ha persino chiamato uno dei suoi figli Ousmane.

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In carcere con altri mille oppositori

Nell’aprile dello scorso anno, Faye è finito in carcere accusato di diversi reati, incluso quello di oltraggio alla corte, dopo aver trasmesso un messaggio critico nei confronti della magistratura nelle cause legali contro Sonko. Il suo mentore è stato invece condannato agli arresti domiciliari nel luglio del 2023 con l’accusa di aver incitato all’insurrezione. Dal momento in cui Sonko ha iniziato una dura battaglia col governo, nel Paese si sono scatenati numerosi disordini e scontri, anche mortali, tra la popolazione e le forze dell’ordine. Dal 2021 un migliaio di membri dell’opposizione sono stati arrestati e centinaia di persone sono morte, scatenando una profonda crisi democratica nell’ex colonia francese.   

Il rischio del golpe

Ai primi di febbraio, con le elezioni alle porte, il presidente uscente Macky Sall aveva deciso di rinviare il voto, previsto originariamente il 25 febbraio, dopo che il Consiglio costituzionale aveva escluso altri candidati dalla corsa elettorale. Oltre a Sonko risultava fuori anche Karim Wade, capo del Partito democratico senegalese (PDS), diventato nel frattempo un alleato di Sall, che lo vedeva come come protagonista della sua strategia di contenimento degli oppositori ex Pastef. A Dakar si sono susseguite proteste molto violente, che hanno fatto precipitare il Paese dell’Africa occidentale, storicamente stabile, in una grave crisi politica.

Molti analisti temevano un colpo di Stato con l’intervento dei militari, analogo a quelli avvenuti in questi anni in Burkina Faso, Mali e Niger. Stavolta invece nessun golpe. La svolta si è avuta con una legge d’amnistia promulgata da Sall per i reati politici del periodo febbraio 2021-febbraio 2024, a cui è seguita la liberazione sia di Faye che di Sonko. Mentre il primo è risultato incluso nelle liste elettorali, al secondo è stato comunque negato il diritto di candidarsi. A quel punto per Faye si è spalancata la porta verso la presidenza.  

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Voto regolare

La sua vittoria era già chiara dopo la pubblicazione dei risultati parziali non ufficiali, mentre il margine di vittoria è stato confermato dalla commissione di conteggio dei voti, un organo che rientra nella magistratura. L’affluenza alle urne, pari al 61,30%, è stata inferiore a quella del 2019, quando il presidente uscente  Macky Sall vinse al primo turno un secondo mandato. Il passaggio di consegne ufficiale tra Sall e il suo successore potrebbe avvenire addirittura prima del 2 aprile, quando termina il mandato ufficiale del presidente in carica.

Sia gli altri candidati che il presidente uscente hanno riconosciuto la vittoria, con gli osservatori internazionali che hanno valutato regolare lo svolgimento del voto, mentre la missione di osservazione dell’Unione africana ha elogiato la “maturità politica e democratica del popolo senegalese (e) l’atmosfera politica generalmente pacifica delle elezioni presidenziali”.

Come potrebbe governare Faye

Dopo queste elezioni si attende una profonda revisione delle istituzioni del Senegal. Faye ha promesso anche un percorso di “riconciliazione nazionale” e di “riduzione significativa del costo della vita”. Al contempo, nonostante una  sottesa posizione anti-Francia e una critica radicale rispetto alle potenze occidentali, il neo-presidente ha cercato di rassicurare i partner stranieri, promettendo che il Senegal “rimarrà un Paese amico e un alleato sicuro e affidabile per qualsiasi partner che si impegna con noi in una cooperazione virtuosa, rispettosa e reciprocamente produttiva”.

La fase più delicata della vita politica del 44enne capo di Stato sarà questa fuori dal carcere. Dovrà dimostrare di non essere solo un outsider in grado di conquistare consenso popolare, ma anche un politico capace di guidare la seconda economia dell’Africa occidentale francofona. Un’impresa che partirà dal più grande giacimento di gas e petrolio mai scoperto in Senegal. La sua corretta gestione sarà il primo banco di prova per Faye, che potrebbe renderlo l’ennesimo bacino di corruzione e malaffare o il miglior traino per le trasformazioni economiche e sociali del Paese.

 
 

Fonte : Today