L’anatomia distopica di Jesse Draxler

I volti scomposti in bianco e nero che vedete qui sono opera di Jesse Draxler, artista americano poco più che quarantenne. Draxler disorienta parecchio con queste sue immagini, in cui i corpi difettano di pezzi grazie a illusioni ottiche perturbanti.

Jesse Draxler è un precursore nell’applicare al suo lavoro in serie un certificato di autenticità basato su blockchain, un processo effettuato in collaborazione con la tecnologia PRNTD (qui un esempio) e che ha diversi vantaggi. È facilmente fruibile dall’utente/acquirente, permette una immediata identificazione e certificazione delle opere dell’artista, consente di inserire, in qualsiasi momento Draxler lo desideri, dei benefit per i proprietari dei suoi pezzi.

Quest’ultimo aspetto è molto interessante perché potenzia notevolmente il rapporto tra artista e collezionista, in un’interazione (anche a posteriori) impossibile con forme d’arte più tradizionali. Per chi poi bazzica il mercato dell’arte – e sa quanto nebulosa sia la situazione delle autentiche sui prodotti digitali – la tecnologia usata da Jesse Draxler garantisce la tracciabilità dell’opera anche in futuro (vale a dire che ci compra sa esattamente quanti pezzi della stessa serie sono stati prodotti e qual è la sua edizione specifica), rendendo appetibile sul mercato il pezzo d’arte digitale.

Draxler – e questo dimostra che il suo nome è forte nell’art market – ha promosso sul suo sito il volume di pregio U&I (390 dollari, a edizione limitata di 300 copie, subito sold out) e ora ha annunciato un passo ulteriore, con la creazione di una serie di “unlimited open editions” che, sfruttando la tecnologia descritta, potranno essere accessibili, per quantità e prezzo, a un pubblico decisamente più ampio. Queste edizioni (open, ma certificate grazie alla tecnologia blockchain) saranno realizzate proprio in queste settimane e la notizia ci segnala che, dopo un periodo di smarrimento dovuto allo scoppio della bolla degli NFT, c’è ancora spazio per sperimentare nuove tecnologie applicate all’arte contemporanea.

Lo stile e il percorso di Jesse Draxler

Del resto, che Draxler fosse uno da tenere d’occhio lo si era capito da tempo, anche qui in Italia: invitato nel 2022 nel museo virtuale allestito da Vanity Fair nel Metaverso in occasione della Biennale di Venezia di quell’anno, non era passato inosservato. “Il senso di disorientamento è qualcosa con cui ho convissuto per tutta la vita”, aveva detto riferendosi a una “infanzia oscura, con una confusione profonda”. Sappiamo che è cresciuto in Wisconsin, in campagna, dove il padre gestiva un’officina e le auto, i camion, i pezzi di ricambio sono stati i primi soggetti che il piccolo Jesse Draxler ha ritratto. Lui stesso ha dichiarato di essersi poi voluto staccare da quel mondo, ma è innegabile che tutta la meccanica e la logica della scomposizione in pezzi sia di ispirazione alle sue creazioni.

Anche l’uso dei grigi, dei bianchi e dei neri non è casuale: affetto da una forma di daltonismo, l’artista ha una tavolozza solo apparentemente monocorde, capace però di cogliere le tante sfumature dei cosiddetti “non colori”, come si vede dai lavori che vi proponiamo.

Da un decennio Jesse Draxler si muove con disinvoltura nel mondo digitale (è stato tra i primi a sfruttare Tumblr per diffondere le sue creazioni), maneggia bene i social (qui la sua pagina IG ) e non stupisce che abbia portato a termine diverse collaborazioni con il mondo della moda, del design, della musica e del fumetto, firmando come visual artist svariati progetti. “Sono interessato al modo in cui creiamo significati nelle nostre vite” ha detto a wired.it “e diamo senso ad alcuni oggetti, immagini, esperienze. Attraverso il mio lavoro, cerco di indagare le associazioni inconsce che determinano la nostra percezione della realtà”.

Fonte : Wired