Alzheimer, i segnali predittivi che compaiono 18 anni prima

L’Alzheimer comincia a danneggiare il cervello molto tempo prima che si manifesti con sintomi clinici. Questo è il motivo per cui quando arriva la diagnosi, la malattia ha già compromesso la memoria e le funzioni cognitive, e, probabilmente, anche la ragione per cui i pochi farmaci approvati o in sperimentazione hanno effetti minimi se non nulli. Sebbene ancora oggi non siano chiare le cause, l’Alzheimer sembra essere caratterizzato dall’accumulo nel cervello di alcune proteine come la beta-amiloide e la tau.

Ora un ampio studio ventennale, guidato da scienziati del Centro di innovazione per i disturbi neurologici di Pechino (Cina), ha scoperto come evolve nel tempo l’accumulo tossico di queste proteine, e come si susseguono i cambiamenti cerebrali prima che la malattia si manifesti con sintomi clinici quali la perdita di memoria, i disturbi del linguaggio, il disorientamento spazio-temporale, ecc. Una scoperta importante che potrebbe rivoluzionare la diagnosi precoce dell’Alzheimer (una malattia che riguarda 47 milioni di persone nel mondo) e tracciare la strada a nuove possibili terapie. I risultati della ricerca è stata pubblicata sul New England Journal of Medicine.

Lo studio

I ricercatori hanno monitorato per venti anni migliaia di adulti (uomini e donne) di mezza età e anziani, con uno stato cognitivo normale all’inizio della ricerca, coinvolti nello studio “China Cognition and Aging Study” (COAST), condotto tra il 2000 e il 2020. In questo arco temporale, un sottogruppo di volontari è stato sottoposto ogni due o tre anni a una serie di esami quali scansioni cerebrali, prelievi spinali (tra cui il test del liquido cerebrospinale (CSF)) e test cognitivi. Nel corso dei 20 anni, alcuni di questi hanno sviluppato l’Alzheimer. I ricercatori, hanno quindi confrontato 648 volontari con Alzheimer con 648 volontari sani (gruppo di controllo), incrociando i risultati degli esami condotti a intervalli regolari. In questo modo hanno scoperto i segnali predittivi della malattia e l’ordine cronologico con cui compaiono.

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I segnali predittivi dell’Alzheimer

Dall’analisi è emerso che il segnale più precoce dell’Alzheimer è un accumulo della proteina beta-amiloide nel liquido cerebrospinale, evidente già tra i 18 e i 14 anni prima della diagnosi, seguito da un progressiva alterazione della proteina tau fosfolidata, evidente già 11 anni prima della diagnosi. A questi segnali seguono la comparsa di un danno neuronale, causato dalla presenza di una proteina, la catena leggera del neurofilamento, nel liquido cerebrospinale, evidente già 9 anni prima della diagnosi, e un’atrofia dell’ippocampo, una parte del cervello coinvolta nella cognizione, rilevata dalle risonanze magnetiche già 8 anni prima della diagnosi. Infine, a 6 anni dalla diagnosi, nei pazienti affetti da Alzheimer è emerso un evidente un declino cognitivo dai test per la demenza.

La variante genetica APOE 4

Altro dato interessante emerso dallo studio è che i pazienti affetti da Alzheimer avevano una maggiore probabilità (il 37,2% contro il 20,4% del gruppo di controllo) di essere portatori della variante e4 del gene APOE (APOE4), coinvolta nel metabolismo e nel trasporto di molecole di grassi come il colesterolo. Questo conferma l’associazione già emersa tra la presenza di questa variante genetica nei pazienti e a un maggior rischio di sviluppare la malattia.

Perché i farmaci per l’Alzheimer non funzionano

Sebbene si stiano studiando moltissimi farmaci, oggi ancora non esiste una cura sicura ed efficace in grado di fermare o far regredire la malattia. Secondo il parere di molti scienziati i risultati di questo studio, insieme a quelli di altri lavori, potrebbero spiegare perchè questi non hanno effetti blandi o nulli sulla malattia. Il motivo potrebbe essere dovuto al fatto che vengono somministrati in ritardo, cioè in una fase della malattia in cui il cervello già è stato danneggiato, e questo renderebbe impossibile una regressione della sintomatologia.

Fonte : Today