“Nel lavoro ci sarà un terremoto: servono professioni a umanità aumentata”

L’onda non è ancora arrivata, ma la deflagrazione è prevista a breve. L’avvento delle nuove tecnologie di intelligenza artificiale modificherà radicalmente il lavoro e il modo in cui siamo abituati a pensare alle nostre professioni. E il rischio di assistere ad alti livelli di disoccupazione ed esclusione sociale, se non ci si attrezza al cambiamento, è molto alto. Ne abbiamo parlato con Marco Bentivogli, ex leader dei metalmeccanici Cisl, oggi coordinatore del movimento “Base Italia”. Esperto di politiche industriali e innovazione, Bentivogli è stato uno dei 30 esperti nominati dal Mise per elaborare una strategia nazionale sull’intelligenza artificiale, ruolo che ha ricoperto fino al 2021. In questi giorni sta girando l’Italia per presentare un saggio dal titolo emblematico: “Licenziate i padroni: come i capi hanno rovinato il lavoro” in cui affronta anche il tema della transizione generata dalle nuove tecnologie di intelligenza artificiale.

Dottor Bentivogli, secondo un report del Mc Kinesy Institute solo negli Stati Uniti il 30% dei lavori negli Usa potrebbero essere automatizzati e circa 11.8 milioni di occupati dovranno cambiare lavoro. Rischiamo anche noi questo fenomeno in Italia e in Europa?

Riguardo all’Europa, la ricerca di McKinsey indica che circa il 22% delle attività lavorative nell’UE (equivalenti a 53 milioni di posti di lavoro) potrebbero essere automatizzate entro il 2030. La pandemia ha accelerato l’adozione dell’automazione sia nei processi “fisici” che “cognitivi”. La creazione di nuovi posti di lavoro compenserà in tutto o in parte la perdita di posti di lavoro dovuta all’automazione solo nei Paesi, e nelle imprese, che si prepareranno al cambiamento.

Le previsioni, in valore assoluto o percentuale, sono basate su ipotesi. La sfida è aperta e tutto dipenderà da come ogni continente, paese, ecosistema e impresa si comporterà preparandosi a questa accelerazione. Da noi la popolazione in età lavorativa dovrebbe diminuire di quasi il 7% (circa 2,5 milioni di persone) entro la fine del decennio.

Anche per l’Italia vi sono numerose ricerche che partono dall’esposizione delle 800 professioni censite dall’Istat rispetto digitale e all’intelligenza artificiale. Tutte concordano sul fatto che esista un “rischio automazione” che varia a seconda dei profili professionali considerati. Il contesto europeo suggerisce che anche l’Italia potrebbe affrontare sfide simili in termini di cambiamento del mercato del lavoro e che sarà necessaria una riqualificazione dei lavoratori.

Sono più a rischio le professioni meno qualificate e meno retribuite. Quale strategia si deve o si può mettere in campo per tutelare le fasce più deboli?

Il lavoro si sta progressivamente polarizzando tra lavoro “scelto”, fatto di skill medio alte, con condizioni contrattuali migliori e lavoro povero, dove si lavora tantissimo e si guadagna pochissimo. Nel primo caso ci sono spazi enormi di riduzione e rimodulazione dell’orario di lavoro sotto le 8 ore e senza il vincolo dei 5 giorni settimanali. Nel secondo caso ci sono tanti lavoratori obbligati al part-time, ad esempio, che sognano le 8 ore di lavoro.

Le politiche degli ultimi 30 anni hanno fallito: in Italia abbiamo il mercato del lavoro più diseguale d’Europa. Migliora il tasso di occupazione anche per il calo della popolazione attiva ma siamo 10 punti sotto la media europea.  

Stiamo entrando in una nuova fase della storia industriale? E come ci si può muovere?

Vi saranno 3 tipi di effetti: 1) professioni completamente sostituite. 2) nuove professioni. 3) professioni esistenti integrate e supportate dall’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale. Sono 3 transizioni diverse che se non accompagnate daranno saldi negativi tra ciò che scompare e il nuovo che deve nascere. Il digitale e la robotica avanzata cancellano le mansioni routinarie ripetitive ed esaltano quelle a maggiore ingaggio cognitivo.

Paradossalmente il lavoro operaio altamente qualificato “ibridato” con macchine avanzate sarà meno eroso dalle tecnologie rispetto al lavoro impiegatizio più ripetitivo. Il vero tema è il lavoro creativo. La partita sarà impegnativa. Riguarda la sostituibilità o l’integrazione degli esseri umani. Continuo a pensare che il lavoro che crescerà dovrà essere a “umanità aumentata”. La nostra umanità non è sostituibile. L’Ai non è intelligente, non sa assegnare finalità alle cose, non ha sensibilità, spirito critico, laterale. 

 Quali sono le professioni che scompariranno probabilmente a breve? E quali quelle che emergeranno? 

Come sottolinea il World Economic Forum, il 65% delle bambine e dei bambini che oggi frequentano le scuole elementari faranno un lavoro di cui oggi non conosciamo neanche il nome. A mio avviso ci sarà una radicale evoluzione delle professioni attuali. Mi piace fare l’esempio del radiologo. La percentuale dell’errore nella diagnostica per immagini è variabile e dipende da tre fattori: dalla professionalità del medico, dalla qualità delle tecnologie e dalla patologia da diagnosticare.

La lettura delle immagini da parte dell’AI abbassa sensibilmente il margine di errore. Significa che l’AI sostituirà il radiologo? No, ma sarà uno strumento essenziale per sbagliare molto meno. Ciò significa che il radiologo che userà l’AI sostituirà quello che non la può o non la vuole utilizzare. La transizione è un’evoluzione che esalta anche le opportunità. Contrastarne i rischi dipende dalla nostra consapevolezza e da classi dirigenti che abbiano visione di medio e lungo periodo. 

Quali sono le opportunità per le imprese? Penso all’aumento della produttività ad esempio…

Nella prima fase avremo sicuramente il paradosso di Solow, il premio Nobel dell’economia che disse nel 1987: “Vediamo ovunque che siamo nell’epoca dei computer, tranne nelle statistiche della produttività”. Ciò vuol dire che in una seconda fase i risultati di queste tecnologie saranno ancora più evidenti e “applicabili” e potranno dare benefici in termini di produttività perché velocizzano processi, aumentano la quantità di lavoro sviluppato, consentono di risparmiare risorse naturali. In Italia sarebbero decisivi proprio perché questi 3 aspetti condannano le piccole aziende al nanismo. L’AI ben utilizzato potrebbe essere invece un volano alla crescita di dimensioni dell’impresa.

Gli ultimi quattro governi hanno costruito dei comitati di esperti per l’elaborazione delle strategie presso i ministeri: io ho fatto parte del primo. Al momento le strategie sono rimaste sulla carta, speriamo che ci siano intenzioni più serie. 

Attenzione perché l’Ai può essere utilizzata anche per scopi negativi anche nel mondo del lavoro. Penso, ad esempio, al controllo esasperato o all’attribuzione di carichi di lavoro insopportabili. Tutto dipende, in definitiva, dalle finalità che assegniamo agli algoritmi. 

 Le nostre università e i nostri centri di formazione sono preparati a questa transizione?

Ci sono eccellenze italiane nei politecnici che vanno diffuse. In media però l’istruzione e la formazione sono rimaste ancora troppo “fordiste”. I metodi di apprendimento e i contenuti a catalogo sono uguali per tutti. Bisogna rendere disponibile, dai più piccoli agli anziani, un sistema di istruzione e formazione che si adatti alle singole persone. Le tecnologie ci aiutano in questo compito. Alcuni docenti, hanno già iniziato ma non esiste ancora un dibattito pubblico all’altezza nel nostro paese.

Siamo una Repubblica “fondata sul lavoro”, ma l’obiettivo della piena occupazione è realistico nel futuro? 

Siamo una Repubblica fondata sulla rendita (di posizione) che vive dell’Italia del lavoro. Nei prossimi anni avremo un calo demografico della popolazione in età da lavoro maggiore dell’attuale numero di disoccupati. Bisogna pensare a governare i flussi di migrazione verso il paese. Ricostruire le architetture economiche, sociali, industriali e soprattutto del lavoro perché cresca il lavoro “dignitoso”. Non esistono automatismi, il futuro è conseguenza delle scelte del presente e in base a questo assunto dobbiamo imparare a scegliere gruppi dirigenti migliori. 

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Fonte : Today