Home Education – Le regole del male recensione: un horror che sa angosciare

C’è vita dopo la morte? Che cosa succede quando moriamo? Fin da bambini, almeno nel contesto italiano, siamo stati cresciuti con le classiche nozioni strettamente connesse al cattolicesimo. Eppure, la religione della nostra penisola non offre l’unica lettura possibile di quello che si cela dopo la morte, presentando ancora oggi uno dei più grandi e irrisolti misteri della storia. Home Education – Le regole del male, il nuovo film diretto da Andrea Niada e prodotto da Warner Bros Entertainment Italia, Indiana Production, BlackBox Srl e Squareone Productions GmbH, si sviluppa partendo proprio da questa immane ombra che da sempre perseguita l’esistenzialismo umano, giocando con quello che conosciamo e quello che potremmo conoscere, per poi sviluppare un racconto sospeso tra apparente follia e orrore biologico da cui non è facile sottrarsi senza porsi neanche una domanda concreta.

Home Education: volere è potere

Al centro di Home Education – Le regole del male troviamo la storia di una particolarissima famiglia composta da tre persone: Rachel (Lydia Page), Philip e Carol (Julia Ormond). Queste vivono in una casa totalmente immersa nel verde scegliendo un particolare isolamento quotidiano che interessa anche l’educazione della giovane. All’inizio del film, apprendiamo che il capofamiglia “è andato da qualche parte”, con l’intenzione di ritornare a breve, anche se nessuno sembra conoscere i dettagli di questa dinamica fino in fondo.

Il viaggio di Philip rappresenta l’evento principale che scatena tutti gli altri, con la mamma e la figlia che tentano di mantenere fede a una promessa che gli avevano fatto in precedenza, strettamente connessa con alcune credenze specifiche del nucleo familiare. Nel mistero di questo ipotetico “ritorno”, scopriamo che l’uomo, in realtà, è morto non si sa da quanto tempo, e che la sua anima o essenza è intrappolata da qualche parte. Rachel, a quanto pare, è l’unica in grado di riportarlo indietro da una particolare dimensione che interessa la vita dopo la morte, ma… tutto si complica quando il corpo di Philip comincia a decomporsi e Dan (Rocco Fasano), un adolescente del posto, si interessa a Rachel cercando di stringere con lei un legame d’amicizia, e forse altro.

La fede e la voglia di credere in qualcosa di apparentemente impossibile ed estremamente inquietante diventano i tasselli principali di un disegno che si mostra a poco a poco, cercando di coinvolgere senza strafare, costringendo gli spettatori in sala ad assistere a un “processo d’amore” disturbante e difficile da comprendere fino in fondo.

La vita e la morte

Dal punto di vista tematico, Home Education – Le regole del male presenta una serie di trovate narrative che includono: la storia di crescita, la follia più bigotta, la vita dopo la morte, e i rapporti familiari complessi e tossici. Tutto ruota intorno alla fede delle due protagoniste, proiettate in un contesto in cui la realtà effettiva delle cose si scontra inevitabilmente con quello che hanno creduto e credono nel momento in cui le conosciamo.

Le nozioni esistenziali di base, poi, contribuiscono a sfaccettare ulteriormente la caratterizzazione della ragazza, tratteggiata da uno sguardo consumato da più letture possibili, e da un bagaglio personale complesso e profondamente sfaccettato (una costruzione del genere l’abbiamo riscontrata anche nella nostra recensione di Talk to me).

La solitudine del nucleo familiare e questa educazione casalinga contribuiscono ad approfondire le letture multiple di Home Education – Le regole del male, incrementandone gli spunti più ambigui in un gioco con gli spettatori continuativo dall’inizio alla fine. Quello in cui crede questa famiglia è vero? Si può veramente tornare indietro dal mondo dei morti? La morte è un concetto che si può plasmare e trasformare in qualche modo? Queste sono le domande fondamentali a fare da carburante a Home Education – Le regole del male, costruendo storia sicuramente interessante e misteriosamente fumosa.

Un’impronta psicologicamente surreale

Dal punto di vista formale, Home Education – Le regole del male ce la mette tutta per trascinare gli spettatori nelle sensazioni più ambigue della sua trama. Servendosi di una regia distaccata, la pellicola si sviluppa partendo dal dolore di una recente perdita, per poi approdare nella dimensione del sovrannaturale per giustificare, o almeno tentare di farlo, tutto quello a cui assistiamo nel contesto più realistico. La storia della figlia parte da una fede tutta personale, per mostrarci alcune ambiguità che diventano tali se traslate da quello che conosciamo.

Così la pellicola si serve di trovate formali apparentemente semplici (come quella del corno e dei teschi nel bosco), per riflettere su argomenti estremamente complessi e sfaccettati, per poi darne una lettura ambiguamente personale che lascia spazio di interpretazione agli spettatori in sala. È nella trama che troviamo le idee più interessanti di una storia che rielabora agilmente il proprio punto di vista etico, in funzione di un’azione sfuggente, in termini di comprensione, e allo stesso tempo psicologicamente impattante. I ruoli della famiglia sono il fulcro principale di Home Education – Le regole del male con le varie “regole” a comporre un nucleo diverso da qualsiasi altro (dinamiche simili le abbiamo affrontate anche nella nostra recensione di Insidious: La Porta Rossa).

Basando il suo intero potenziale su un mistero, si giustifica la scelta di non approfondirne troppo le ragioni di fondo, mantenendosi su una linea più sostenuta e priva di eccessive riflessioni, ma qualche dettaglio in più sulla figura del padre, ad esempio, sulla sua storia e sul suo ambito di studio avrebbero sicuramente giovato alla comprensione generale di un intreccio che ricade interamente su due personaggi sia interessanti che, in un certo qual modo, sospesi.

Il risultato è un’esperienza cinematografica profondamente angosciante e, al tempo stesso, affascinante proprio per come viene snocciolato il mistero di fondo. Un racconto in cui l’orrore della morte diventa la materia prima della fede personale e della speranza nei confronti di un ricongiungimento apparentemente impossibile, coinvolgendo tutte le credenze del pubblico al cinema e arrivando a giocare con quello che conosciamo in prima persona sull’argomento. Follia, adolescenza, crescita e le più semplici nozioni pedagogiche, quindi, si fondono, in maniera curiosa, con un racconto che plasma le idee specifiche dei suoi protagonisti, spingendole a un limite che inevitabilmente si scontra con tutto quello che conosciamo e abbiamo imparato a conoscere nel corso della nostra vita.

Fonte : Everyeye