In un prossimo futuro, il nostro Paese è stato sconvolto da un evento catastrofico che ha cambiato per sempre il corso delle cose. I sopravvissuti vivono in uno stato di miseria e dopo i cosiddetti “veleni” che hanno impestato l’aria e le acque, uccidendo gran parte delle specie animali, le nuove generazioni sono cresciute nell’ignoranza, senza saper ne leggere ne scrivere anche per la mancanza di scuole e insegnanti.
La terra dei figli è ambientato nell’Italia settentrionale, in una zona dei fiumi, e si concentra su un padre e un figlio che abitano in una palafitta sull’acqua. Il ragazzo è cresciuto senza sapere nulla del mondo esterno, sempre aldilà di quella chiusa che lo protegge da ulteriori pericoli che si annidano in quel mondo ormai allo sfascio. Ma alla morte del genitore il giovane non ha altra scelta che avventurarsi da solo in quelle lande sconosciute, portando con sé il diario di quell’uomo che l’ha cresciuto, nella speranza di trovare qualcuno che possa leggerglielo…
La terra dei figli: il domani che verrà?
Il cinema italiano deve rinascere da operazioni come questa, capaci di distaccarsi dal filone nazional-popolare per proporre generi e ambientazioni in grado di far breccia anche sul mercato internazionale. Passato purtroppo assai in sordina all’uscita nelle sale nel luglio di due anni fa, La terra dei figli è un’opera da riscoprire e grazie a RaiMovie, che lo manda in onda stasera alle 21.10 in prima visione tv, l’occasione per il pubblico cinefilo è assai ghiotta. Il film è tratto dall’omonima graphic novel del noto fumettista Gipi, molto apprezzata soprattutto in Francia, e ci accompagna in un contesto post-apocalittico di raro fascino: le riprese sono state infatti girate in Pianura Padana, con le terre che bagnano il delta del Po a fare suggestivo contorno a questo racconto di formazione in un mondo senza più regole, dominato dal caos e dalla violenza.
Un coming-of-age in abito da survival-movie, che sin dal prologo ci trascina in una realtà basata sulla legge della sopravvivenza: l’uccisione del cane da parte del ragazzo, intenzionato a cibarsi delle carne dell’animale insieme al padre, ci fa subito comprendere come la scarsità di cibo sia uno degli elementi chiave di questo drammatico futuro. La nebbia che circonda perennemente queste zone dell’Italia settentrionale, senza quindi alcun ricorso agli effetti speciali per la gestione dell’ambientazione, imprime un fascino ulteriore a quanto messo in atto, con la storia che acquista mano mano molteplici sfumature con lo scorrere dei minuti.
La giusta strada da seguire
Non vi è dubbio che tra le fonti che hanno maggiormente ispirato un’opera come questa, non soltanto a livello narrativo ma anche di relativa messa in scena, vi sia il The Road (2009) di John Hillcoat – la nostra recensione di The Road è a portata di clic – già a sua volta adattamento del romanzo pluripremiato di Cormac McCarthy. Ancora una volta un padre e un figlio sono al centro del racconto, almeno in quelle fasi iniziali prima della tragedia che scatena la svolta che dante il via alla seconda metà di visione. Fondamentali sono anche le figure femminili, con un’inedita e convincente Valeria Golino nei panni della “strega” cieca, e soprattutto il personaggio di Maria, nome per nulla casuale in quanto ipotetica madre di una nuova era.
Nelle quasi due ore di visioni si susseguono sottotrame crude e crudeli, tra spunti visionari e aliti drammatici che denotano una notevole personalità, guardanti sì a consolidati archetipi ma con l’impressione di possedere un’energia nuova e creativa, che si ritrova anche in dialoghi mai scontati e banali. Il regista Claudio Cupellini, che ricordiamo anche per titoli ben più leggeri come Lezioni di cioccolato (2007) nonché tra i realizzatori di Gomorra – La serie (qui vi parliamo dell’eredità di Gomorra), si dimostra perfettamente a suo agio nell’approcciarsi a queste atmosfere torbide e malsane, in una terra devastata (come regola non scritta vuole, le cause della catastrofe sono saggiamente appena accennate) dove i protagonisti vanno a caccia di una piccola, ma assimilante, speranza di un domani migliore, ancora tutto da vivere.
Fonte : Everyeye