Ormai non è diventato leggermente ansiogeno sentire qualcuno che bussa alla porta di casa? Qualcuno che non ti aspettavi, che non avevi invitato, qualcuno che deve spiegarti perché è venuto da te e cosa vuole esattamente. Il cinema ha giocato con l’home invasion in ogni forma e dimensione, da Funny Games a La notte del giudizio: ora tocca a M. Night Shyamalan, che da virtuoso dell’horror sceglie la propria personale visione del tropo cinematografico tra le uscite in sala di febbraio 2023. E quindi com’è l’home invasion secondo Shyamalan? Con qualcosa di un pelo più grande in ballo della sopravvivenza di una singola famiglia: il destino del mondo intero. Perché tra rimandi biblici, sacrifici, dottrine e integralismo Bussano alla porta cerca di alzare l’asticella del genere portandolo verso lidi frastagliati dalle conseguenze apocalittiche. Ma ci sarà davvero riuscito?
Bussano alla porta dell’apocalisse
Una famiglia che passa un tranquillo weekend al lago in una casa isolata. Quattro persone arrivano e fanno una proposta che sembra ovvio rifiutare. Eppure tutto inizia ad assumere i contorni del macabro, tra schizzi di sangue e fede incrollabile, qualsiasi essa sia. Shyamalan non perde tempo con Bussano alla porta: mette subito in chiaro le regole del gioco e sta a noi decidere se accettarle o no.
Come sta ai suoi personaggi. Regole che scricchiolano man mano che la violenza prosegue e sembra lascino spiragli per la ragione, per uno svelamento finale, come se tutto fosse un grande scherzo di menti deviate. Il gioco di Shyamalan risiede fondamentalmente in questo, nella linea tra fede e ragione che si allarga sempre più andando avanti nella pellicola. Un gioco che punta tantissimo sulle interpretazioni dei suoi protagonisti, assieme a una vena ironica sottile anche di fronte all’apocalisse. Dave Bautista ancora una volta si dimostra un attore raffinato e poliedrico, capace di spaziare su più ruoli e non avere soltanto il fisico come arma principale del suo curriculum. Lo stesso regista diceva infatti come quella di Dave Bautista fosse tra le migliori performance dell’anno. Shyamalan però non lascia nulla al caso: la coppia di Jonathan Groff e Ben Aldridge ha una chimica genuina, così come la figlia interpretata da una giovanissima Kristen Cui. Il regista però si concentra anche su tutti i comprimari, esaltandone le caratteristiche pur nella brevità dell’insieme. E lasciando che ognuno di essi resti impresso.
Soltanto un gioco?
Oltre alle interpretazioni dei suoi protagonisti, la forza di Bussano alla porta sta nel dilemma morale scaturito dal dubbio: le nostre scelte possono davvero scatenare l’apocalisse o no? Shyamalan gioca con sapienza con la domanda, dando allo spettatore le informazioni minime per giocare anche lui e capire cosa sta realmente succedendo. E il dilemma morale si rinforza più la storia prosegue, fino al punto in cui, inevitabilmente, la verità viene davvero a galla. In quel momento Bussano alla porta perde un pezzetto del suo potere trainante, come era ovvio che fosse, concentrandosi solo ed esclusivamente sulla scelta dei protagonisti e su cosa si è disposti (o non disposti) a sacrificare per sé stessi e per gli altri.
Con Shyamalan che decide di andare in controtendenza rispetto al suo modus operandi cinematografico per sottolineare ancora di più i rapporti degli esseri umani che ha contribuito a creare con la sua storia. E allora ecco che il patto che si viene a creare tra chi bussa alla porta e chi è nella casa si rispecchia nel patto tra il regista e lo spettatore. Che mette in chiaro le regole del gioco fin da subito, quasi senza lasciare scampo: sta all’occhio di chi guarda decidere se accettarle o meno, perché Shyamalan non fa compromessi, nemmeno di fronte all’apocalisse.
Fonte : Everyeye