La comunità LGBT si batte da anni per promuovere i diritti sanitari, la salute e il benessere dei propri membri. Questo perchè le cure sanitarie, in Italia e in molti altri Paesi del mondo, non vengono sempre garantite alle persone transgender e gender non conforming (cioè di genere diverso da quello assegnato alla nascita), che sempre più spesso subiscono forme di discriminazione da parte del personale sanitario come denunciato recentemente dall’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica). “Dall’utilizzo del nome assegnato alla nascita al posto di quello scelto, ad atteggiamenti di curiosità inappropriata, a un comportamento meno rispettoso rispetto a quello riservato agli altri pazienti, all’ignorare necessità specifiche, al biasimo per il problema clinico fino all’utilizzo di un linguaggio aggressivo. Sono tutti atti discriminatori – affermano gli esperti AIOM – dovuti a una mancanza di esperienza nel trattamento dei problemi specifici di queste persone, di una scarsa conoscenza delle loro esigenze cliniche, e talvolta di paura o pregiudizio”. D’altronde, come ha sottolineato l’AMIGAY aps (Associazione Medica Italiana Good As You), “gli operatori delle varie aree sanitarie andrebbero informati e formati opportunamente all’accoglienza indiscriminata, al riconoscimento delle criticità e alla capacità di risposta ai bisogni specifici delle persone LGBT, così come previsto dalla legge (art. 3 legge 3/18)”.
Per migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria delle persone trans e di genere diverso, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha aggiornato le vecchie Linee guida fornendo nuove raccomandazioni su diverse malattie prevalenti in questa comunità emarginata, e sottolineando quanto sia importante rimuovere le barriere sociali e strutturali che ostacolano l’accesso alle cure sanitarie e ad altri servizi essenziali.
Il 71% dei transgender non si è mai sottoposto a screening anti-cancro
A dimostrare quanto la comunità LGBT abbia difficoltà ad accedere alle cure sanitarie, due recenti sondaggi, uno su 190 persone transgender e gender non conforming e l’altro su 305 oncologi, presentati all’ultimo convegno AIOM sulle “Giornate dell’etica in oncologia”. Secondo i risultati, il 71% delle persone transgender e gender non conforming non ha mai partecipato ad alcun programma di screening anti-cancro, e una persona su tre non è in grado di trovare informazioni specifiche per la prevenzione oncologica declinate sulla propria condizione specifica. Inoltre, il 53% ritiene che l’identità di genere possa avere un impatto significativo sul rischio di sviluppare il cancro. Più in generale, gli ospedali rappresentano il quinto luogo in cui le persone transgender subiscono discriminazioni (dopo gli spazi comuni all’aperto, la scuola, i mezzi di trasporto pubblici e i locali notturni). Il 32% riferisce di essere stato vittima di comportamenti discriminatori da parte del personale sanitario.
Dall’altro lato, quasi la metà degli oncologi (46,2%) ritiene che questi pazienti siano discriminati nell’accesso all’assistenza oncologica e il 18,4% è stato testimone di episodi di questo tipo riconducibili all’identità di genere da parte di operatori sanitari.
Transessualismo: da “disturbo mentale” a “questione di salute sessuale”
Dal 1992 al 2019, l’ICD (classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati, stilata dall’OMS) ha considerato tutte le variazioni del rigido binarismo maschio-femmina, come il “transessualismo”, come un disturbo mentale e comportamentale. Questa classificazione non ha fatto altro che rafforzare negli anni lo stigma e le barriere alla cura delle persone TGD (transgender and gender-diverse). Solo dopo un’ampia revisione degli studi, dal 2019 l’ICD-11 non considera più il transessualismo come un disturbo mentale e comportamentale ma come “una questione di salute sessuale”, e conia il temine ombrello “incongruenza di genere” (che include tutte quelle condizioni di malessere percepito da una persona che non si riconosce nel proprio sesso biologico). Dunque, le variazioni del binomio maschio-femmina vengono ancora considerate dall’ICD-11 come “malattie”, ma d’altra parte la loro inclusione nel manuale aiuta a garantire alle persone TGD l’accesso all’assistenza sanitaria e la copertura assicurativa sanitaria. L’aggiornamento dell’ICD-11 puntava infatti a ridurre le barriere e avvicinare le persone TGD a una copertura sanitaria più equa, nei Paesi in cui è riconosciuta. Nel 2019 l’OMS ha poi compiuto un ulteriore passo importante: ha deciso di elaborare nuove Linee guida sugli interventi di auto-cura per la salute sessuale e riproduttiva, aggiornate poi nel 2021, che contengono per la prima volta indicazioni riguardo l’autosomministrazione degli ormoni di affermazione del genere per le persone TGD.
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Le nuove Linee guida dell’OMS
Data la scarsità di evidenze scientifiche sulla salute delle persone trans e di genere diverso, oltre l’HIV, in diverse aree geografiche e contesti legali, non è stato facile formulare raccomandazioni basate sugli standard di cura dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. “Le lacune nell’evidenza e nella conoscenza dei bisogni sanitari delle popolazioni TGD – hanno riferito gli esperti – richiedono una ricerca specifica con attenzione a metodi sicuri ed etici per includerli nella ricerca e sviluppare sistemi inclusivi di raccolta dei dati”. Tuttavia, nonostante le difficoltà, nel 2022 l’OMS ha stilato le nuove “Linee guida consolidate sull’HIV, epatite virale e prevenzione, diagnosi, trattamento e cura delle popolazioni chiave“, aggiornando le vecchie del 2016: in quest’occasione l’OMS aveva collaborato con altri partner delle Nazioni Unite, agenzie tecniche e reti di persone TGD, per sviluppare TRANSIT, uno strumento di attuazione per programmi completi di HIV e IST con le persone transgender, incentrato sul sostegno e il potenziamento delle comunità TGD. Per l’aggiornamento, l’OMS ha commissionato una ricerca sui valori e sulle preferenze attraverso la rete globale delle persone TGD GATE (Global Action for Trans Equality) al fine di informare sullo sviluppo delle Linee guida.
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A chi si riferiscono le nuove Linee guida
Le nuove nuove Linee guida si concentrano su cinque diversi gruppi di popolazioni con esigenze diverse e che rischiano maggiormente di contrarre l’HIV, l’epatite e altre malattie sessualmente trasmissibili:
- uomini che hanno rapporti sessuali con uomini,
- persone trans e di genere diverso,
- prostitute,
- consumatori di droghe iniettabili,
- persone nelle carceri e in altri ambienti chiusi.
L’OMS ritiene che queste popolazioni abbiano una copertura sanitaria inadeguata e servizi sanitari di scarsa qualità, a causa di fattori sociali, legali e strutturali, che rendono difficile la prevenzione e la cura delle malattie. “Tutti i Paesi – affermano le Linee guida – dovrebbero dare priorità al sostegno di questi gruppi chiave fornendo loro servizi equi, accessibili e accettabili”.
Riconoscere l’identità di genere per migliorare l’accesso alle cure
Le nuove Linee guida includono pacchetti prioritari di interventi sanitari per ciascun gruppo chiave. In particolare, nel caso delle persone TGD, l’OMS ha ampliato le pratiche, riportate nelle vecchie linee guida, su come trattare e fornire supporto alle persone trans e di genere diversificato. Ovviamente, gli interventi sono vari poiché non tutte queste persone hanno le stesse esigenze, sebbene il punto di partenza cruciale rimane quello di pianificare un’accoglienza, una registrazione e una visita medica rispettose dei membri di questa comunità. Infine, l’OMS ha ribadito ancora una volta quanto sia importante e fondamentale l’affermazione di genere (percorso psicologico e medico attraverso cui una persona transgender ha la possibilità di modificare il proprio corpo e il proprio aspetto, oltre che il nome e il genere con cui è conosciuta alle Istituzioni e interagisce nel contesto sociale) e il riconoscimento dell’identità di genere nei documenti ufficiali per migliorare l’accesso all’assistenza sanitaria.
L’appello degli esperti
Per sostenere l’idea di una copertura sanitaria universale per ogni singola persona sul pianeta, l’OMS invita i Paesi a lavorare attivamente per rimuovere qualsiasi legge, politica e pratica discriminatoria contro la comunità LGBT e le altre popolazioni chiave. La conquista della consapevolezza dei propri diritti da parte delle comunità trans e gender-diverse è chiaramente importante, ma non basta se non vengono eliminate le pratiche discriminatorie e i pregiudizi culturali contro chi ne fa parte.
A giocare in questo contesto un ruolo fondamentale sono anche i medici e gli operatori sanitari. A tal proposito gli esperti AIOM sostengono che: “Per migliorare la qualità dell’assistenza delle persone trans e di genere diverso è necessario implementare la formazione dei professionisti, investire in campagne istituzionali per proteggere questi cittadini da ogni forma di discriminazione basata sull’identità di genere e prevedere studi clinici che li includano, considerando le loro specifiche esigenze”.
Fonte : Today