Secondo uno studio dell’organizzazione ambientalista, dal 1970 a oggi l’attività umana ha causato un “calo devastante” delle popolazioni di vertebrati. Il picco più alto in America Latina e Caraibi, con un calo degli esemplari animali pari al 94%. A soffrire di più sono gli oceani mentre tra le specie a maggiore rischio spiccano i gorilla. L’appello in vista della Cop15 di dicembre: “Invertire la biodiversità e contrastare il cambiamento climatico”
Mammiferi, uccelli, anfibi. Ma anche pesci e rettili. Nell’ultimo mezzo secolo la popolazione di animali selvatici si è ridotta in media del 69% in tutto il mondo a causa dell’attività umana, con picchi del 94% in America Latina e Caraibi. Lo rivela il Living Planet Report 2022 del Wwf che, in vista della Cop 15 in programma in Canada dal 5 al 17 dicembre, lancia un appello ai grandi del pianeta: “Serve un accordo per invertire la perdita di biodiversità e contrastare il cambiamento climatico”.
Le specie più a rischio
Dugongo estinto in Cina: nessun esemplare avvistato dal 2008
Il Report monitora di anno in anno quasi 32mila popolazioni di oltre 5mila specie di vertebrati. Tra quelle che risultano più danneggiate ci sono i delfini rosa di fiume dell’Amazzonia, i cui esemplari sono calati del 65% tra il 1994 e il 2016 nella riserva di sviluppo sostenibile di Mamirauá, in Brasile. Non stanno meglio i gorilla di pianura orientale, il cui numero ha subito un declino stimato dell’80% nel Parco nazionale di Kahuzi-Biega del Congo tra il 1994 e il 2019. Lo stesso vale per i cuccioli di leone marino dell’Australia meridionale e occidentale, ridottisi due terzi tra il 1977 e il 2019. Dallo studio emerge come i principali fattori di perdita della fauna selvatica siano lo sviluppo e all’agricoltura, lo sfruttamento, l’introduzione di specie invasive, l’inquinamento, i cambiamenti climatici e le malattie.
Oceani in difficoltà
Il Living Planet Report ha rilevato che le specie di acqua dolce sono diminuite più di quelle che si trovano in qualsiasi altro habitat, con un calo della popolazione dell’83% dal 1970. “I sistemi alimentari odierni sono responsabili di oltre l’80% della deforestazione sulla terraferma mentre, se si guarda all’oceano e all’acqua dolce, stanno anche guidando un crollo degli stock ittici e delle popolazioni in quegli habitat”, ha sottolineato il direttore generale di Wwf International, Marco Lambertini.
“Molto Preoccupati”
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Scimmie giù dagli alberi per cambio clima e deforestazione
Esaminando oltre 150mila ore di osservazioni di 15 specie di lemuri e 32 di scimmie, in 68 diversi siti delle Americhe e del Madagascar, gli studiosi hanno notato che questi animali si trovano sempre meno frequentemente tra gli alberi e più spesso a terra, dove i rischi per il loro benessere aumentano a causa della mancanza di cibo e riparo
I cambiamenti climatici e la deforestazione potrebbero aver modificato drasticamente le abitudini di scimmie e lemuri. Questi animali infatti sono stati osservati da un team, guidato da Timothy Eppley, nell’ambito di uno studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, condotto dagli scienziati della San Diego Zoo Wildlife Alliance (SDZWA) e di altre 123 istituzioni di ricerca, tra cui anche La Sapienza di Roma
Gli studiosi, esaminando oltre 150mila ore di osservazioni di 15 specie di lemuri e 32 di scimmie, in 68 diversi siti delle Americhe e del Madagascar, hanno notato che si trovano sempre meno frequentemente tra gli alberi e più spesso a terra, dove i rischi per il loro benessere aumentano a causa della mancanza di cibo e riparo
“Il nostro lavoro nasce da una discussione informale tra colleghi – racconta Eppley – abbiamo notato che alcune popolazioni di primati arboricoli tendono a trascorrere sempre più tempo a terra”. Gli scienziati hanno stimato l’influenza dei fattori ecologici, comprese le potenziali pressioni indotte dall’uomo e/o i tratti peculiari delle diverse specie
Fonte : Sky Tg24