Cina e India: in Asia Mosca trova i suoi alleati

La guerra tra Russia e Ucraina è entrata di prepotenza nel Palazzo di vetro dell’Onu a New York. La scorsa settimana, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (Unga) ha votato in una straordinaria sessione d’emergenza una risoluzione per condannare l’invasione russa in Ucraina e per chiedere a Mosca di ritirare l’esercito. Sebbene le risoluzioni dell’Unga non siano vincolanti, assumono comunque un valore politico rilevante. Il voto è stato interpretato dalle potenze occidentali come una messa all’angolo della Russia, che è sostenuta ufficialmente da paesi che passeranno alla storia per la violazione dei diritti umani. Su 193 paesi membri, 141 hanno votato a favore della risoluzione, 35 si sono astenuti e 5 hanno votato contro. A guidare i cinque paesi membri che si sono opposti alla risoluzione c’è, ovviamente, la Russia, seguita dalla Bielorussia, l’Eritrea, la Corea del Nord e la Siria. Tra gli astenuti ci sono molti paesi africani, ma anche asiatici, in primis Cina e India.

L’astensione di Pechino

Nella retorica di Pechino si continua a ripetere che la posizione della Cina è coerente e chiara con la sua visione storica e con la sua politica di non ingerenza negli affari interni di un altro paese. Ma il gigante asiatico è impegnato in una girandola di affermazioni volta a tenere insieme elementi che sembrano contraddittori.

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La Cina, la scorsa settimana, è stata una dei quei 35 paesi ad astenersi dal voto della risoluzione dell’Unga. E per Pechino ci sono valide motivazioni. Secondo le spiegazioni dell’inviato cinese, Zhang Jun, il testo della risoluzione non è stato sottoposto a “consultazioni complete con tutti i membri” dell’Assemblea e, soprattutto, “non tiene pienamente conto della storia e della complessità della crisi attuale”. La Cina, sempre più ambigua sull’invasione russa dell’Ucraina, ha evidenziato come non sia intenzionata a partecipare alle sanzioni occidentali a Mosca.

Mantenendo una simile posizione rispetto alle sanzioni applicate in passato ad altri paesi (Corea del Nord e Iran, per citarne alcuni) la Cina è ferma sulla sua contrarietà alle sanzioni internazionali. Stando a quanto affermato dal portavoce del ministero degli esteri Wang Wenbin la scorsa settimana, la Repubblica popolare cinese “si oppone all’uso di sanzioni unilaterali illegali, dato che non sono un modo efficace per risolvere i problemi, ma portano difficoltà al sostentamento delle persone aggravando le divisioni”. Il leitmotiv dell’astensione cinese si riconosce quindi nell’uso della parola “unilaterale”, che evidenzia, nell’ottica di Pechino, una tracotanza occidentale trainata dagli Usa. Ma la motivazione, in una più ampia valutazione delle priorità cinesi, risiede nella volontà di Pechino di presentarsi come “potenza responsabile” globale tutelando, al contempo, gli interessi strategici e la “faccia”.

In Cina, la questione ucraina passa in secondo piano. La Repubblica popolare cinese è al momento concentrata sui suoi affari interni, con l’inizio delle Due sessioni (lianghui). Lo scorso 4 marzo, ha preso il via l’evento annuale più importante della politica cinese che dovrebbe concludersi il prossimo 11 marzo. Il Congresso nazionale del popolo (Npc) e la Conferenza consultiva politica del popolo cinese (Ccppc) definiranno le priorità e gli obiettivi economici e politici del paese per l’anno venturo. Le Due Sessioni di quest’anno, nonostante i recenti eventi in politica estera e interna, mirano a garantire una stabilità interna volta a tracciare la traiettoria che porta al XX° Congresso del Partito Comunista Cinese nel prossimo autunno, dove il leader Xi Jinping otterrà con ogni probabilità l’investitura di un terzo mandato. 

Il valore degli armamenti per l’India

Nel Palazzo di Vetro anche l’astensione dell’India ha dimostrato quanto gli interessi nazionali e geostrategici siano determinanti nel (non) condannare l’offensiva russa nel paese dell’Europa orientale. Lo sguardo, anche in questo caso, deve essere rivolto ai giochi di relazioni e influenze per confinare l’assertività cinese nell’Indo-Pacifico. Il governo indiano, guidato da Narendra Modi, vuole evitare di condannare ufficialmente la guerra russa in Ucraina per tutelare i legami che ha con Mosca. Sin dalla Guerra Fredda, la Russia è stata uno dei maggiori fornitori di armi dell’India, dotando New Delhi di più della metà degli aerei da combattimento e di gran parte dei carri armati di cui ora dispone.

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La domanda di equipaggiamenti militari russi è cresciuta nel tempo. E questo perché Mosca offre armamenti a prezzi vantaggiosi e molto più competitivi delle armi esportate da Stati Uniti, Cina ed Europa. Inoltre, Mosca non osserva l’atteggiamento che gli acquirenti militari hanno in merito al rispetto dei diritti umani nei loro paesi. Nel caso dell’India, la Russia ha sostenuto le politiche intransigenti del primo ministro Narendra Modi nel Kashmir, quando nell’agosto del 2019 New Delhi ha revocato lo statuto speciale alla regione che è stata una dei principali terreni di scontro con il vicino Pakistan, cancellandone di fatto l’autonomia. Le relazioni tra India e Russia affondano le radici nel 2010, quando Mosca e New Delhi hanno elevato lo status della loro partnership a “speciale e privilegiata”.

Nel tempo, i due paesi hanno tessuto con costanza le trame di una tela che è diventata sempre più fitta. Il leader russo Vladimir Putin lo scorso dicembre è volato in India per rafforzare i legami bilaterali, sanciti dall’acquisto di armi russe per un valore 5 miliardi di dollari. L’esecutivo indiano ha acquistato dalla Russia il sistema avanzato di difesa missilistica S-400 e il nuovo sistema missilistico S-500 Prometei: quest’ultimo, ancora nella sua fase di sperimentazione, promette di neutralizzare bersagli in volo ipersonico.

Così le reazioni indiane sui dossier critici che riguardano la Russia sono state sempre misurate al fine di non scontentare Mosca, nonostante la partnership che New Delhi ha con Washington. L’India fa infatti parte del cosiddetto gruppo Quad con Stati Uniti, Giappone e Australia, che ha il chiaro obiettivo di contrastare l’influenza della Cina nell’Indo Pacifico.

L’India ha quindi bisogno del sostegno diplomatico e delle armi di Mosca per affrontare la Cina, soprattutto da quando i due giganti asiatici sono ai ferri corti lungo il confine himalayano. Così New Delhi indirizza i suoi interessi geostrategici per limitare l’assertività cinese nella regione asiatica ed è quindi prioritario il rispetto degli accordi militari ed economici con la Russia. Anche a discapito di una guerra che si sta combattendo in un paese troppo lontano per l’India.

Fonte : Today