Il ritratto del popolo ucraino: stupisce il mondo con la dignità e la resistenza

SHEHYNI (UCRAINA) – Sono in fila, composti, silenziosi. Guardano davanti. Più in là c’è la frontiera, la Polonia, l’Europa, la pace. Le mamme cercano di distrarre i figli, come possono, per quel che possono. Non parlano con loro facendo versetti strani, anzitutto perché non lo fanno mai, e poi perché non c’è da scherzare in guerra. Il popolo ucraino in fuga dalle città, quelle bersagliate dalle bombe e dai combattimenti e quelle più tranquille, bussa alle porte di un’Europa dove tanti migranti connazionali vivono da anni. 

Restano dignitosi nonostante le famiglie si siano spezzate all’improvviso: gli uomini adulti non possono partire (ma non partirebbero comunque). Alla frontiera, a Shehyni, oblast di Lviv, sono arrivati da ogni parte del paese, e il viaggi fin qui è già un’avventura: auto, treni e pullman, tragitti a piedi, e da alcune città si riesce a partire sempre meno. A Kyiv i russi hanno bombardato la stazione ferroviaria. A Mariupol stanno impedendo l’evacuazione. Non è solo guerra, è strage. 

Ma gli ucraini sono abituati. E, dopo avere ascoltato la loro storia falsificata in diretta mondiale (“l’Ucraina moderna è stata creata da Lenin”, ha detto Putin mentendo), stanno subendo un tentativo di assurda guerra lampo che, però, il gigante russo ha già moralmente perso di fronte alla caparbia e alla tenacia del popolo che non potrà mai essere “fratello”, soprattutto se lo si tratta così, bombardandolo senza pietà. 

Gli ucraini si sono messi davanti ai mezzi militari, per la strada. Per giorni e giorni hanno bloccato il tentativo dei russi di conquistare la centrale nucleare di Zaporizhya. I sindaci si riuuniscono dove possono con i cittadini e i cittadini sono sempre pronti a combattere per la loro Ucraina, senza demoralizzarsi mai. Chi li conosce (almeno da Maidan) lo sa. Il mondo che li scopre oggi si sorprende e li ammira. 

Eccoli dunque, gli ucraini di cui i nostri libri di storia e geografia quasi non parlano e, quando lo fanno, li mischiano confusamente nella “regione russa”, una definizione totalmente antiscientifica. Eccoli: quelli in fila composta per fuggire dalla guerra. Senza urlare, né piangere, né sbraitare, né disperarsi. Quelli rimasti nelle città, disposti a scendere in strada senz’armi per bloccare gli invasori. Quelli della diaspora, dal Canada all’Australia a tutta Europa, incollati ai notiziari (in ucraino o in inglese, perché di quelli italiani, fino a ieri sempre pronti a citare la Tass e mai una fonte ucraina, non si fidano, e si possono comprendere), impegnati nelle raccolte di fondi e di aiuti, uniti come un popolo vero. 

Il mondo sta conoscendo la loro forza dignitosa, dal presidente ai civili: un popolo che non si arrende, fiero delle sue radici, della sua cultura, della sua lingua. Un giorno i luoghi della resistenza si chiameranno Kharkiv, Kyiv, Mariupol, Zaporizhya. Sperando davvero che non vada peggio di così.

Fonte : Today