Ha invaso piste da sci, spazzolato teglie di biscotti in pasticceria e tenuto compagnia ai pendolari nella sala d’attesa della stazione di Roccaraso. Giocato con i cani di paese e fatto spuntini nei bidoni dell’organico, tutt’altro che a prova di saccheggio. Nei suoi due anni di vita da star del web, l’orso Juan Carrito si è guadagnato anche un trasloco in elicottero verso l’alta montagna, a causa della sua eccessiva confidenza con l’uomo. Ma niente. Si è sempre ripresentato nelle zone antropiche del Parco Nazionale d’Abruzzo e in quelle della Majella, dove l’accesso al cibo è più facile e meno affollato di antagonisti dei boschi. Una tenacia che, in vista della bella stagione e di un nuovo afflusso turistico, non è stata tollerata. E che gli è costata, nel pomeriggio di oggi, la cattura richiesta da Regione Abruzzo e Parco della Majella, con il nullaosta dell’Istituto Superiore di Protezione Ambientale e del Ministero della Transizione Ecologica. Direzione: area faunistica di Palena, un ettaro recintato nell’area protetta del teatino, dove sono già ospitate tre femmine di orso marsicano. “Una permanenza temporanea – assicura il Parco stesso – necessaria per evitare che ulteriori situazioni di rischio possano indurre in serio pericolo l’orso e e l’uomo”. Ma c’è già chi ipotizza che per lui, questa sia la pietra tombale sulla sua libera vita selvatica.
E’ il caso di Paolo Forconi, lo zoologo che sin dal 2020 ha seguito gli spostamenti della famiglia del giovane orso e che per primo ha soprannominato Ganimede (un satellite di Giove) quello che tutti noi conosciamo come Juan Carrito. Ovvero M20 per la scienza, che ne tiene costantemente monitorati gli spostamenti grazie al radicollare. “Dobbiamo protestare tutti”, scrive Forconi. “Hanno deciso di educarlo in gabbia insieme ad altri orsi. Gli stessi esperti che hanno fallito con 7 mesi di trattamento a proiettili di gomma, che non sono riusciti a mettere neanche un cassonetto anti-orso a Roccaraso, che hanno fallito con la traslocazione. E che ora prendono un’altra decisione fallimentare che lo condannerà per sempre, per tutta la vita. Perché poi non lo libereranno più”. Il giovane orso marsicano è il rappresentante di una sottospecie gravemente minacciata di estinzione che sopravvive in Abruzzo con una sessantina di esemplari. E con lui si sono provati tutti gli strumenti di dissuasione, petardi compresi. Ma “la dissuasione con proiettili di gomma per allontanare gli orsi confidenti dai paesi non ha quasi mai funzionato”, spiega ancora lo zoologo. “Per far restare gli orsi negli ambienti naturali senza che si avvicinino ai paesi, oltre alla dissuasione è necessario fornire loro del cibo nei boschi, in alcuni periodi critici e di breve durata. Si possono lasciare frutta o carcasse di cervi e caprioli investiti sulle strade, di bovini e cavalli morti per cause naturali, dopo un’analisi veterinaria che consenta di essere certi che non ci siano malattie o veleni. I veterinari però non si prendono volentieri questa responsabilità”. Invece, rifiuti facilmente accessibili da normalissimi bidoni e la curiosità (soprattutto di web e turisti) per i comportamenti virali di questo plantigrado, hanno alimentato un’attenzione da parte dell’uomo che ha finito per attrarlo, invece che allontanarlo. E per segnalarne, negli ultimi giorni, il rischio di incolumità pubblica alle autorità competenti.
“Nel giro di poche settimane – specifica il parco Nazionale della Majella – Juan Carrito sarà portato via dall’area faunistica e partiranno le iniziative per valutare se si possano ancora eliminare o ridurre i comportamenti problematici e confidenti per consentirne la permanenza nel suo ambiente naturale”. Ma a questo, ribatte Forconi oltre ogni ragionevole dubbio: “Una volta in recinto, sarà ancor più abituato all’uomo e al cibo che gli daranno. Sarà la fine definitiva”.
Fonte : Today