I villain sono sempre al centro dell’attenzione quando si parla di buoni film. E anche, forse soprattutto, quando si parla di supereroi. Non è mai facile interpretare dei ruoli iconici. E, pur se alla fine si riesce a convincere il pubblico nei panni del nuovo Uomo Pipistrello, la vera sfida sarà sempre riuscire a bilanciare l’attenzione con il cattivo di turno. Questo, come per gli altri, vale altresì per il Bruce Wayne di Robert Pattinson, che pur incredibile nel ruolo in The Batman deve cercare comunque di non farsi oscurare dalla prorompenza mascherata dell’Enigmista di Paul Dano (e sì, il film di Matt Reeves è un capolavoro, vi spieghiamo il perché nella nostra recensione di The Batman).
È in fondo il dilemma che da sempre circonda Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan, dove l’azzeccatissimo Pipistrello di Christian Bale finisce per dare spazio alla grandiosità di un Joker che ha fatto la storia come l’omonimo vincitore della Mostra di Venezia nel 2019 – per saperne di più ecco la nostra recensione di Joker con Joaquin Phoenix. Fin da quella sequenza iniziale, con la banca assalita e rapinata che ci immette da subito nelle trappole ad incastro piazzate dal giullare fumettistico, Heath Ledger padroneggia la scena destituendo Bruce Wayne dal ruolo di protagonista e conquistando un palco che, per la sua interpretazione, lo ha portato alla vittoria postuma dell’Oscar nel 2009 – sapete che la trilogia di Nolan avrebbe fatto parte del DCEU?.
Tutte le nemesi di Batman
La maestosità di Il Cavaliere Oscuro passa tutta per le immagini di un personaggio che ci intriga con le storielle sulle sue cicatrici e che ci spaventa travestito da infermiera in una delle esplosioni più impresse nella memoria di tutto il cinema di Nolan.
Una parte mai diventata macchiettistica, sempre presa in maniera estremamente seriosa (“Why so serious?”) dal suo interprete, che ci lascia con il completo rovesciamento della fascinazione che per il pubblico non riguarda più l’eroe bensì, grazie proprio a Ledger, la sua nemesi. È probabilmente per questo che Matt Reeves ha deciso di non partire dal primo istante con l’incontro tra il suo Batman e un cattivo tanto complesso come quello del Joker. Decisione che lo vede allontanarsi anche dall’uscita solo tre anni prima del lungometraggio di Todd Phillips sul villain pagliaccio, la cui empatia si mescolava ai toni notturni e noir del cinema di Martin Scorsese. È così che il regista di Cloverfield (2008) e del moderno filone de Il pianeta delle scimmie (2014-2017) assieme allo sceneggiatore Peter Craig sceglie di prendere dal cilindro un avversario da poter abbinare intelligentemente ai suoi desideri thriller. Un’Enigmista che diventa il doppio di John Doe all’interno di Seven, venandosi degli “scherzetti” e delle soluzioni omicide del primo Saw.
Batman e l’Enigmista: due orfani, due eredità a confronto
Non solo il ruolo viene scritto con attenzione da Reeves e Craig, non volendo che le sue azioni prevarichino sulle intenzioni e non lasciando che il gioco a cui partecipa Batman lo riduca solamente ad una manciata di indovinelli. L’Enigmista di The Batman viene tratteggiato nella maniera più contemporanea possibile applicando all’uomo dietro alla maschera le insicurezze che diventano deliri e che si tramutano nelle gesta sconsiderate del personaggio.
Se del Joker de Il Cavaliere Oscuro accettavamo la pazzia innata, se era irrilevante aspettarsi una motivazione dietro ai piani terribili messi in atto dal giullare, l’Enigmista di The Batman cavalca i disagi sociali che hanno reso popolare il Joker di Joaquin Phoenix e si pone per questo come volto speculare all’esistenza dell’Uomo Pipistrello. Cresciuto orfano e privo delle possibilità offerte da una condizione di povertà che è andata intensificandosi a causa del programma di “Rinnovamento”, fonte della corruzione inestricabile di Gotham, l’Enigmista indica lo sfociare di una psicosi in cui l’uomo è stato condotto dalla società e che cerca, perciò, di sfruttare a proprio favore. Come il Joker di Ledger parlava alla gente generando terrore, così il cattivo di The Batman crea la propria rete di sostenitori che ricordano tanto le pagine nascoste nel web più profondo in cui si scambiano opinioni su delitti da commettere e consigli su quali detonatori poter utilizzare. Internet e i media non sono più un mezzo con cui rapportarsi alle persone, sono uno strumento che l’Enigmista sfrutta e attraverso cui vediamo spesso comparire il (non) volto del personaggio. Un villain che comunica non solamente con trucchi e bigliettini, ma si pone di fronte ad una camera per far valere le proprie motivazioni e rivolgersi direttamente a quell’Uomo Pipistrello che ne è ritratto speculare.
Se è sul concetto di eredità che Bruce Wayne si tormenta ed è esattamente un lascito “migliore” quello che l’Enigmista vuole donare, Batman va esprimendolo facendosi vigilante nell’ombra tentando di ripulire le strade di Gotham, mentre il suo doppio vuole farne saltare in aria le fondamenta. Ed è nella descrizione delle ragioni che muovono l’antagonista che riusciamo a vedere delineata la sua missione. È ascoltando il suo passato e ponendoci come giudici imparziali che riusciamo a spiegarci le sue ragioni, non certo a giustificarle.
Alla follia fuori scala del Joker de Il Cavaliere Oscuro, che ha dettato di lì a venire il metro per classificare il resto dei villain arrivati nel corso della storia del cinema, a porsi sotto la luce dei riflettori è un Enigmista che non ha nulla da invidiare al suo predecessore, che lo guarda anzi con rispetto e chiede gentilmente di poter prenderne il posto. Un alter ego del Bruce Wayne di Pattinson che doveva necessariamente funzionare affinché The Batman fosse universalmente riconosciuto, facendosi da esperimento a pellicola grandiosa grazie anche all’aiuto del suo cattivo che si porta a casa un’enorme fetta del merito per il risultato raggiunto.
Il talento (e la voce) di Paul Dano
E se la tridimensionalità era già presente nel copione e serviva solamente qualcuno a dargli vita, Paul Dano ne restituisce le venature psicotiche, le convinzioni cieche, la dualità di un uomo che urla e sbraita dietro a una maschera mentre mostra invece il suo viso pulito nel momento in cui viene catturato. L’abilità di un interprete di non trasformarsi solamente da attore a personaggio, ma di percorrere i vari step che lo hanno portato a sfidarsi con il turbato Batman, cercando la maniera di spaventarlo e finendo per terrorizzare il pubblico.
Dietro allo scotch, all’attenzione maniacale per i dettagli, alla prontezza delle parole, è con la voce che Paul Dano tocca il profondo più intimo dell’eroe e dello spettatore, modulandola fino a distorcerla e usandola sotto una maschera che non gli permette altre interazioni. Farsi sentire, far valere i propri assunti, arrivare alla popolazione della città di Gotham passa per delle grida improvvise e degli scatti di ira che riportano tutto il marcio che cova dentro. E quando il costume viene tolto e si rimane nudi è solo la voce a rimanere. Quella che diventa una cantilena che ripete le verità che hanno condotto l’Enigmista fino al suo quadro assassino, struggendosi e ululando con atrocità, smascherando ogni cosa. L’Enigmista di Paul Dano non scavalla il Joker di Heath Ledger perché si fanno entrambi essenziali nell’espressività filmica e poetica dei loro differenti autori. Sono i traumi che si riversano nel sangue e le cicatrici che vengono riportate con pazzia. Sono due attori incredibili che rendono unici i loro ruoli e lo saranno per sempre, a prescindere da chi andrà ad interpretarli nel corso degli anni. Un altro glorioso film su Batman che risplende come una luce nell’oscurità grazie al suo cattivo. Uno di quelli con cui non vorremmo mai avere a che fare, ma che è un piacere poter vedere sul grande schermo.
Fonte : Everyeye