È il volto in prima linea di Azione per il Lazio. Consigliera regionale, segretaria regionale, portavoce nazionale del partito di Carlo Calenda, punta a tutti quelli elettori orfani di una rappresentanza riformista, anti M5s e anti Lega, i “bipopulismi”, per dirla con Calenda, da combattere con un’adeguata “cultura di governo”. Valentina Grippo ha chiari gli obiettivi del prossimo anno, sia politici che strettamente programmatici. Quel che ancora è da definire, in vista delle regionali del 2023, sono le alleanze. Come porsi di fronte alle nozze M5s-Pd che in Regione hanno portato a un modello di “campo largo” oggettivamente funzionante?
È stata eletta segretaria regionale di Azione. Quali sfide e quali obiettivi attendono questo nuovo soggetto politico nei prossimi mesi?
Più della metà degli italiani, parlo di quelli che non vanno a votare, sono alla ricerca di una rappresentanza, cercano forze responsabili, riformiste, che abbiano cultura di governo, sia a livello nazionale che a livello locale. Il nostro obiettivo principale è senz’altro quello di rappresentare nelle istituzioni quella forza politica che consentirebbe a un profilo come quello, per dire, di Mario Draghi, di essere eletto. L’exploit di Calenda a Roma è la prova di quanto sia mancata in questi anni, e sia richiesta oggi, una forza politica che contrasti i populismi da entrambi i lati, M5s e Lega.
Guardando alle elezioni regionali del 2023, quali sono i principali obiettivi programmatici del partito nel Lazio.
Ci sono tre assi principali su cui intervenire e dove investire le risorse che stanno arrivando con il Pnrr. Il primo è la salute, intesa non come gestione dell’emergenza ma come presa in carico permanente dei più fragili con modelli complessi che abbiano alla base una digitalizzazione e una semplificazione dei processi: ho presentato su questo la legge quadro sulla disabilità che sarà in aula la prossima settimana. Il secondo riguarda la ripresa economica; i dati che abbiamo sulla disoccupazione, sul commercio, sulla produttività sono critici. Anche qui la complessità burocratica spesso intralcia la capacità degli interventi di raggiungere concretamente le persone. Il terzo asse riguarda i giovani. Siamo una delle regioni con il più alto numero di neet (giovani inoccupati). Su questo il Lazio dovrà invertire la rotta.
Domanda scontata ma centrale guardando alle elezioni regionali 2023. Il centrosinistra sembra intenzionato a riproporre l’alleanza con il M5s. Voi ci starete?
In questa fase di crescita di Azione il tema delle alleanze è l’ultimo che ci interessa.Vediamo una crescita mese per mese, le ambizioni sono di crescere ancora e essere determinanti. Detto ciò la prima questione è sempre per noi chi è il candidato. Se ci convince o se pensiamo di poter mettere in campo una proposta nostra più efficace di quella di altri. Fatico a pensare che possa esserci negli estremi, il sovranismo di destra e la retorica populista del M5s che ha dimostrato di non saper proporre un modello amministrativo efficace da nessuna parte.
In Regione Lazio il M5s sta governando con il Pd, ritieni la loro azione inefficace?
Io in generale ho dissentito con la scelta di farli entrare in giunta. Sinceramente non ritengo che sui temi ci siano convergenze, mi ritengo spesso distantissima, al di là del giudizio sulle singole persone, che alla Pisana sono di qualità.
E con il Pd?
Penso che il Pd abbia una scelta da fare. Capisco le logiche elettorali ma ritengo che il riformismo abbia poco a che spartire con le proposte di un Di Maio o di un Bonafede, per dire. Auspico che scelga un’alleanza riformista di altra natura.
A proposito di candidati che vanno bene o meno. A Calenda piacerebbe l’assessore D’Amato…
Era una considerazione che nasceva dall’idea che sul tema dei vaccini la regione Lazio è andata molto bene, e siamo soddisfatti. Si chiedeva un giudizio sulle capacità e doti dell’assessore, che stimiamo. Da qui a entrare nel merito delle alleanze e della scelta di leadership per il Lazio, ce ne passa.
Calenda ha definito il campo largo voluto da Letta, quello che va da Leu ad Azione passando per M5s, “un’accozzaglia”, definendosi contrario a chi “propone alleanze per vincere e poi non è in grado di governare”. In Regione Lazio però è accaduto il contrario. Si è governato proprio grazie alle alleanze…
Il caso della Regione Lazio è stata una stratificazione di eventi, da qui a dire che è un modello da esportare ce ne passa. Penso anche il discorso sia prematuro e che il quadro di retorica populista che ha caratterizzato l’offerta politica degli ultimi anni fra qualche mese non ci sarà più. Se poi una forza evolve e cambia, da parte nostra non c’è nessuna damnatio.
Come valuta l’operato della giunta M5s-Pd.
In generale il mio giudizio sulla presidenza Zingaretti e sulla squadra regionale è positivo, sennò non sarei in maggioranza. Più della metà della mia esperienza alla Pisana, però, è trascorsa in periodo di Covid, e quindi è in una situazione anomala, che ha visto fare anche cose eccezionali in emergenza; la grande sfida è capire cosa si riesce a mettere a terra nei prossimi mesi di ritorno alla normalità, per concludere la legislatura lasciando il segno.
Una sua proposta approvata in aula di cui va fiera?
La mozione passata all’unanimità relativa alla cementificazione di piazzale Clodio e al pratone di via Teulada. Ci abbiamo lavorato con decine di associazioni di cittadini della zona di Prati, è una conquista importante, una prova del modello di cultura di governo che le dicevo. Siamo riusciti a prendere decisioni che non gravassero troppo su nessuno degli interessi contrapposti, quelli del ministero e quelli dei cittadini.
Con Italia Viva in Campidoglio il rapporto è durato poco. Che idea si è fatta dell’episodio che ha portato alla rottura dell’alleanza?
L’episodio è totalmente strumentale, non ha niente a che fare con la realtà. Lì c’era un’aspirazione del consigliere Casini ad avere la presidenza della commissione Giubileo. Aspirazione legittima, ma che non giustifica, una volta che non si ottiene quello che si vuole, ad inventarsi scuse. L’ambizione non è stata soddisfatta e a quel punto ha prevalso la voglia di tornare a un’identità di partito che evidentemente c’era già prima.
Un’alleanza nata male quindi…Ricordiamo che i renziani erano in piazza a esultare per la vittoria di Gualtieri. Calenda gli ha dovuto ricordare che la lista era all’opposizione.
Non è nata male, era un’alleanza elettorale per il sindaco di Roma, fatta da persone che appartengono a diversi partiti. Carlo Calenda è stato molto generoso con tutti quelli che erano in lista, disinteressandosi delle provenienze; addirittura ha dato il suo sostegno al candidato di Italia Viva alle suppletive; mi sarei aspettata maggiore riconoscenza.
Fonte : Roma Today