Shining Vale, la commedia horror che non fa paura (neanche per scherzo)

È mai capitato che una famigliola americana si trasferisse in un’enorme villa di provincia che costa – inspiegabilmente – pochissimo, senza finire coinvolta in qualcosa di terribile? È quanto accade a Pat e ai suoi cari in Shining Vale, serie comedy in salsa horror dal 6 marzo su Starzplay. Tutto ha inizio quando questa ex party girl alcolizzata diventata una scrittrice di romanzi erotici (un personaggio la definisce “Lady Porn”) di successo, reagisce alla noia, alla menopausa, al blocco dello scrittore e alle pressioni di una famiglia mediamente disfunzionale con una relazione extraconiugale. La soluzione è la migrazione in campagna, lontana dallo stress e dalle tentazioni, assieme a un marito incredibilmente clemente, a un figlio preadolescente cicciottello che vive in un mondo tutto suo fatto di masturbazione e VR e una figlia teenager bruttarella e sessualmente intraprendente. 

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Pat non farà in tempo a mettere piede nella ridente cittadina che si imbatterà in una manciata di figure bizzarre: un’agente immobiliare leziosa e omertosa (la splendida Sherilyn Fenn di Twin Peaks), la vicina di casa bigotta e impicciona e un’ammiccante presenza fantasmagorica in forma di casalinga degli anni ‘50, che solo la protagonista è in grado di vedere. Disperatamente alla ricerca della vena creativa perduta, Pat ricorrerà ai paradisi artificiali dell’ispirazione baudelairiana per raggiungere lo stato stupefacente necessario a restituirle il talento latitante, mentre le manifestazioni soprannaturali si fanno sempre più frequenti. Per questo ruolo caratterizzato da una buona dose di ironia Courtney Cox, l’iconica Monica di Friends ha chiesto l’aiuto di una acting coach. Il risultato è inizialmente sconcertante a causa degli interventi estetici ai quali si è sottoposta l’attrice che ne limitano l’espressività abbastanza da rendere obiettivamente difficile intuirne gli stati emotivi

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La sua Pat è una madre esasperata ma implacabilmente sarcastica che vive la propria condizione di madre e moglie in uno stato di cinismo perenne e il suo partner, interpretato dal perpetuamente spaesato Greg Kinnear, non è da meno (memorabile il suo modo per “pareggiare i conti” con l’amante della moglie). Altro discorso per Rosemary, il fantasma residente: bizzarra creatura twinpeaksiana dal malizioso fascino demoniaco, esemplare di casalinga perfettamente disperata degli anni ’50 desiderosa di trasgressione, come spirito spaventoso… non fa paura per niente. Rosemary vorrebbe essere una presenza perversa e lasciva alla American Horror Story ma gli elementi che rimandano a Murder House non sortiscono l’effetto dell’antologia morbosa di Ryan Murphy. Detto questo, Mira Sorvino, quasi coetanea della Cox – un po’ meno rifatta e sensibilmente più espressiva – è deliziosamente azzeccata nei panni di Rosemary.

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In qualità di commediola che prende in giro le idiosincrasie della famiglia media borghese americana, la serie prodotta dall’attrice e autrice di Divorce Sharon Horgan è mirata e piacevole. Shining Vale vuole essere anche e soprattutto una critica ironica e pungente dei pregiudizi di cui è oggetto la donna di mezz’età: vittima degli sbalzi ormonali, viene considerata “pazza o posseduta” e in questo, le ultracinquantenni Horgan, Cox e Sorvino fanno un buon lavoro. Le sedute dallo psicologo di coppia restituiscono un’impietoso ritratto della stigmatizzazione della malattia mentale femminile e la linea narrativa della madre di Pat, ribelle liquidata (e riformata) come isterica e curata a suon di litio ed elettroshock è ancora più emblematica. Come horror soprannaturale, Shining Vale è una ghost story inconsistente, zeppa di cliché, stravista e, fondamentalmente, pretestuosa. La trama è assortita della solita casa antica posta nel paesello che tutti – meno i nuovi venuti della grande città – sanno essere infestata dai rei di un’innominabile tragedia, del fantasma ritornante che vuole rifarsi delle repressioni del passato, della protagonista che tutti prendono per pazza e che progressivamente viene risucchiata dall’atmosfera soprannaturale della dimora austera e fatiscente, occupata senza che a nessuno sia venuta in mente l’idea di ristrutturare

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Come horror, Shining Vale è totalmente superflua per i primi cinque episodi e conquista una qualche vitalità dal sesto episodio in avanti. La trama soprannaturale procede impercettibilmente nella prima parte per movimentarsi nelle ultima battute con qualche momento splatter – la morte violenta à la Septimus Smith di un personaggio – dopo essere stata in scacco per la maggior parte della stagione dei patemi di Pat, scrittrice mediocre convinta di poter diventare la prossima Sylvia Plath. Non c’è nulla di nuovo o originale (a meno di una miracolosa ripresa nell’ultima puntata, non fornita alla stampa) né tantomeno di horror in questa commedia che provoca orrore (non esageriamo, disappunto) solo quando si realizza di averle devoluto otto ore.

Fonte : Wired