L’IA italiana ha fatto DAMA

Appena le orecchie si abituano al ronzio dei processori, è il calore la sensazione più forte. Un caldo secco che viene dalle macchine impilate in decine di corridoi. Impegnate in chissà quali calcoli, a elaborare chissà quali dati. E più ci si avvicina più questo calore diventa un soffio metallico capace di seccare la gola, asciugare gli occhi. Bologna. Via Stalingrado. Periferia nord, giusto qualche chilometro dal centro. Negli spazi del Tecnopolo fino a qualche decennio fa c’erano pile di foglie di tabacco appese ad essiccare, macchinari per lavorarle, sminuzzarle, arrotolarle. 120 mila metri quadrati dell’Ex Manifattura Tabacchi diventati oggi culla per uno dei progetti più avveniristici dell’intero panorama dell’innovazione italiana. Quei processori in azione sono il cuore del supercalcolo italiano.

Qui ha sede Dama, dallo scorso marzo il nuovo nome del Tecnopolo. Qui si sono gettate le basi per creare il centro nevralgico dell’intelligenza artificiale italiana. Il centro di elaborazione dati più vasto e importante dell’intero territorio nazionale. La Data Valley italiana, come già l’hanno ribattezzata. Capace di servire università, ricerca di base, manifattura e produzione di startup, grandi piccole e medie imprese.

Un’operazione che porterà negli spazi del “Tecnopolo DAta MAnifattura Emilia-Romagna” (così si legge sciolto l’acronimo Dama) due miliardi di investimenti e la promessa di creare 2.000 posti di lavoro nei prossimi anni.

È il progetto di AI Factory, voluto dalla Commissione europea e cofinanziato dal governo con un investimento di 430 milioni. Obiettivo: creare soluzioni di IA con un modello aperto e integrato a livello europeo e supportare startup e aziende in settori strategici come l’agroalimentare, la sicurezza informatica, le scienze del clima e il manifatturiero.

AI Factory è in parte una realtà, in parte un progetto in costruzione. A Bologna nei prossimi mesi arriveranno altri supercomputer, altra potenza di calcolo e nuove tecnologie come i computer quantistici. In progetto anche modi per differenziare l’approvvigionamento energetico, con un bando ancora aperto per la creazione di un parco eolico che possa aiutare nella gestione dei costi di energia, necessario con macchine capaci di far salire la bolletta fino a decine di milioni di euro l’anno.

«Al Dama stiamo costruendo un ecosistema. E Cineca è uno degli operatori, come lo sono Cdp Venture, AI4Italy, Enea e tutti gli enti che ne faranno parte», spiega Francesco Ubertini, ex rettore dell’Università di Bologna, oggi presidente di Cineca, consorzio senza scopo di lucro composto da 120 membri: 2 ministeri, 70 università italiane e 48 istituzioni e agenzie nazionali.

Prima di pensare al presente e progettare il futuro, Ubertini ci tiene a ricordare il passato. «Quello che stiamo costruendo oggi è frutto di un lavoro che va avanti dagli anni Sessanta, con l’acquisto del primo supercalcolatore da parte di quattro università. Tra queste c’era Bologna, uno dei nodi del centro di elaborazione dati del Cern di Ginevra».

L’Atlante Italiano del futuro/Editoriale

Nonostante

Nonostante

L’intelligenza artificiale come tecnologia è arrivata molto dopo. Ma in Emilia c’era già la potenza di calcolo dei supercomputer. L’IA è lo strumento che consente di rendere i dati intelligibili, conoscenza vera, utile alla ricerca e alle imprese. E quando la sua potenza di analisi e di generazione di dati è arrivata a maturazione, a Bologna c’era tutto quello che serviva per svilupparla. È quello che fa il supercomputer Leonardo, progetto del 2016. E che faranno anche i nuovi supercalcolatori in arrivo a Bologna. Da dove parte la risposta italiana ed europea alla sfida della competitività lanciata dall’IA. «L’Europa ha lanciato il progetto di AI Factory. Bologna è una delle prime tre. Entro fine anno entrerà in funzione con un nuovo supercalcolatore, più potente di Leonardo», prosegue Ubertini.

Le AI Factory possiamo immaginarle come centri commerciali delle applicazioni di intelligenza artificiale: aziende e università potranno rivolgersi a questo centro per avere supporto in una delle attività che intendono mettere in campo. Una fabbrica di soluzioni per l’IA a disposizione di chi ne ha bisogno.

«Il nostro è un progetto pubblico a sostegno anche delle piccole e medie imprese. Facciamo eco al rapporto di Mario Draghi quando dice che il futuro dell’Ue è Pmi e innovazione», ragiona Ubertini. La Factory di Bologna vuole essere il punto in cui la manifattura italiana si affaccerà nell’era delle macchine intelligenti. Come? «L’IA può aiutare a velocizzare i processi produttivi, aiutare un’azienda a capire cosa non ha funzionato nel passato, progettare meglio il futuro, analizzare le macchine, predirne usura e problemi. Le soluzioni sono tantissime – continua Ubertini –. Quello che faremo noi è proporci come “one stop shop”: un’azienda viene da noi e trova quello che serve per un obiettivo specifico da raggiungere». Gratis? «In questo momento mettiamo a disposizione la nostra infrastruttura a chiunque lo chieda. A chi si rivolge a noi chiediamo: perché vuoi accedere ai nostri servizi? Noi facciamo una revisione di fattibilità tecnica e se combacia con i nostri obiettivi di ricerca e innovazione, e lo fa rendendo pubblica e condivisa l’esperienza in maniera tale da essere utile anche ad altri, lo accettiamo». Ci sarà spazio per tutti? «La cosa curiosa è che prima ci chiedevano se qualcuno avrebbe mai chiesto i nostri servizi; oggi dobbiamo gestire molte richieste. È un bel segnale, e ci dice che la nostra intuizione era giusta. Ci sarà da aspettare, ma ci stiamo attrezzando per rispondere a tutti».

Coi nuovi supercalcolatori di Cineca l’Italia sarà il secondo Paese al mondo per potenza di calcolo. Al momento è terza, dietro Usa e Giappone. Un primato europeo. In un’Europa che cerca la propria strada per diventare un produttore di servizi basati sull’IA. Non è una rincorsa impossibile. Nel 2022 è stata resa pubblica ChatGpt. Il vantaggio competitivo degli Usa sembrava imbattibile. Poi sono arrivate altre aziende: americane, come Anthropic; europee, come Mistral; cinesi, come DeepSeek. Competere è possibile. Per farlo servirà tutto il ronzio possibile delle schede di Leonardo. Tutto il calore dei supercomputer che arriveranno. Ma soprattutto un modello che funzioni.

Fonte : Repubblica