Nulla di illegale. Maria Rosaria Boccia ha replicato così all’ipotesi avanzata dal Fatto che possa aver indossato gli occhiali intelligenti prodotti da Meta e Rayban per i corridoi di Montecitorio. Su Instagram descrive il prodotto usato: “occhiali smart di Facebook che catturano foto, video e funzionano da auricolari. Quando ciò avviene si accende un piccolo led bianco disposto vicino alla lente destra”. Nulla di illegale, sostiene. Ma cosa sono gli occhiali smart di Facebook? Dove possono essere usati? E cosa sono in grado di fare?
Breve storia degli occhiali smart di Meta e Luxottica
Gli occhiali che sembra siano stati usati da Boccia sono frutto di una collaborazione tra Meta e EssilorLuxottica, fusione nel 2018 della francese Essilor con Luxottica fondata da Leonardo Del Vecchio. Si tratta di occhiali con una fotocamera integrata, registratore e cuffie in grado di creare foto e video e condividerli sui social. Ma sono anche in grado di riprodurre musica e essere usati come normali cuffie.
Meta e Ray-ban hanno cominciato la loro collaborazione tre anni fa. Da allora sono state create tre generazioni di occhiali intelligenti. L’ultima, quella del 2024, ha integrato una serie di funzioni legate all’uso dell’intelligenza artificiale. Che però, hanno precisato subito da Meta, non saranno disponibili in tutte le loro funzioni in Europa per via della legge europea che regola l’AI, l’Ai Act.
Una nuova generazione di occhiali intelligenti, capaci di fare riprese e foto
Gli occhiali intelligenti di Meta hanno in qualche modo alzato l’asticella di questi prodotti. A differenza di buona parte dei prodotti usciti sul mercato fino a prima della loro commercializzazione, hanno un bell’aspetto. E soprattutto è pressoché impossibile capire che si stanno indossando occhiali in grado di registrare audio e video, condividerli sui social. Se non sono attivati sono dei normalissimi occhiali da sole o da vista (150 i modelli prodotti finora).
Sono in grado di registrare volti, attività delle persone, senza che gli altri se ne accorgano. È vero, durante una registrazione si accende la lucina, ma non sempre è così evidente, soprattutto in un ambiente ben illuminato. Ma la lucina c’è e si vede. Ed è il segnale che c’è una registrazione in corso. Ed è ciò che protegge questi oggetti dall’accusa di diventare occhi e orecchie indiscreti in situazioni delicate o compromettenti.
Possono fare tutto. E tutto e lecito. La questione privacy
Cosa possono registrare? Tutto. Tecnicamente tutto. Con più o meno discrezione in relazione alla scena che si vuole registrare, l’uso di questi dispositivi di fatto non ha limiti, tranne se il luogo in cui si usano non li vieti apertamente, come sembra essere il caso del Parlamento, dove è vietato fare registrazioni all’interno senza un’autorizzazione. Ma questo dipende dal regolamento interno del luogo. All’aperto sono tranquillamente indossabili e attivabili. Probabilmente molti li avranno già visti o incrociati indossati da qualcuno per strada, senza accorgersene.
Per gli esperti è il futuro della tecnologia indossabile. Per i critici un pericoloso cavallo di Troia nella nostra privacy. Al momento non c’è una regola ufficiale. È vero, indossarli non è illegale. Usarli non è illegale. E i comandi sono piuttosto semplici e alla portata di tutti. Una foto è frutto di una lieve pressione sulla superficie. Toccando gli occhiali si può anche avviare un video, regolare il volume in fase di riproduzione.
Tutte funzioni che hanno entusiasmato i critici dei prodotti durante la fase di test degli occhiali. Funzioni che però sollevano più di qualche timore. Oltre il fastidio che si può provare all’idea che le nostre espressioni, le nostre attività quotidiane, possano finire in una registrazione di un estraneo per poi essere condivise sui social, c’è un tema che riguarda la privacy ancora tutto da esplorare. Intanto sui social cominciano a girare le registrazioni che Boccia avrebbe fatto girando per i corridoi di Montecitorio. Chissà se sarà questo il momento in cui il dibattito pubblico si interrogherà sull’uso di queste tecnologie e in quali luoghi consentirle o meno.
Fonte : Repubblica