OpenAI ha ufficializzato la disponibilità dell’ultima versione del suo modello di linguaggio GPT-4 Turbo per tutti gli utenti abbonati al servizio ChatGPT basato su intelligenza artificiale, così da poterne sfruttare i numerosi benefici che gli utenti hanno già potuto saggiare in parte lo scorso dicembre quando Microsoft aveva integrato il modello nel suo chatbot Copilot AI assieme a Dall-E 3. GPT-4 Turbo era stato ufficializzato a novembre 2023, seguendo alle precedenti generazioni GPT-3,5 e GPT-4, che già aveva alzato l’asticella potendo gestire con più naturalezza e precisione prompt anche molto lunghi.
OpenAI ha ufficializzato la novità con un post sul canale ufficiale di X (vedi sotto) pubblicato poco fa, in cui annuncia la disponibilità e la promessa di miglioramenti a livello di scrittura, calcoli matematici, ragionamenti di logica e di sviluppo di codice, ovvero una delle attività sempre più preponderanti per questi strumenti basati su intelligenza artificiale. Una delle prime conseguenze sarà un linguaggio più diretto al punto e più rigoroso rispetto alla richiesta originaria. Inoltre, dovrebbe migliorare anche la naturalezza delle risposte per un’interazione più gradevole. Al momento della presentazione lo scorso novembre, OpenAI aveva raccontato come il modello GPT-4 Turbo potesse reggere fino a sei volte le pagine in un solo comando (300 vs 50), comprendendo prompt più complessi e restituendo risposte più pertinenti e aderenti alle richieste originarie degli utenti. Utenti, che secondo un recente studio, si rivolgono ai chatbot con
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Per poter sfruttare GPT-4 Turbo è necessario sottoscrivere un piano di abbonamento a pagamento di OpenAI come ChatGPT Plus, Team e Enterprise, che possono anche offrire altre funzionalità supplementari come i chatbot personalizzati o l’accesso a Dall-E rispetto alla versione semplice, da poco accessibile anche senza doversi per forza registrare. Inoltre, l’ultima generazione del modello di linguaggio diventa accessibile anche tramite le interfacce di programmazione delle applicazioni alias api.
Fonte : Wired