Pechino contro gli utenti cinesi che seguono sui social i dissidenti all’estero

Gli “influencer” cinesi hanno chiesto ai loro follower di fare attenzione dopo la diffusione di informazioni trapelate da una società di hacking con legami con le autorità cinesi. Teacher Li, che aveva documentato le proteste anti-lockdown su Twitter, ha visto scendere il numero di propri seguaci da 1,6 milioni a 1,4 milioni. La fuga di dati ha inoltre rivelato l’ampiezza delle attività informatiche cinesi, anche contro i governi stranieri.

Pechino (AsiaNews) – I dissidenti cinesi all’estero con un grosso seguito sui social stanno perdendo i loro follower: in vista della seduta della prossima seduta dell’Assemblea Nazionale del Popolo cinese, le forze dell’ordine di Pechino stanno rintracciando e identificando gli utenti che sui social media seguono i rifugiati d’oltremare. La notizia è stata diffusa sul web dopo una fuga di dati da parte di una società di sicurezza che ha stretti legami con le autorità cinesi. 

Li Ying, un artista cinese che vive in Italia ed è conosciuto come Teacher Li su X (Twitter), ha avvertito tramite un post che la polizia sta perseguitando i suoi follower e ha consigliato di smettere di seguirlo per evitare problemi. Li Ying aveva ottenuto una certa notorietà a fine 2022, quando aveva cominciato a diffondere informazioni sulle proteste anti-lockdown che si stavano svolgendo in Cina, e tuttora continua a pubblicare notizie su eventi e manifestazioni che si tengono in tutto il Paese.

Dopo l’annuncio, i suoi follower sono passati da 1,6 milioni a 1,4. In base a quanto lui stesso ha pubblicato, alcuni suoi seguaci sono stati convocati dalla polizia per essere rilasciati poco dopo. Li ha inoltre suggerito ai suoi follower di evitare di utilizzare i dispositivi Huawei e di scegliere, per i profili sulle piattaforme internazionali. un’immagine e un nome utenti diversi rispetto a quelli utilizzati sui social cinesi

Facebook, X e YouTube sono bloccati in Cina, ma possono essere consultati grazie a una VPN, una tecnologia utilizzata per aggirare il firewall cinese e accedere ai servizi internet stranieri. È difficile stimare quante persone in Cina abbiano scaricato una VPN, ma è certo che le autorità cinesi hanno preso di mira gli individui e le imprese che ne fanno uso, soprattutto prima dell’inizio della sessione del Congress, che provoca ogni anno un aumento della censura in internet.

Le preoccupazioni in tal senso sono emerse dopo la diffusione di una serie di documenti provenienti da una società di sicurezza informatica (ma sarebbe meglio dire di hacking) chiamata I-Soon, con sede a Shanghai e filiali a Pechino e nelle province del Sichuan, di Jiangsu e di Zhejiang. Sul proprio sito web, chiuso dopo la fuga di informazioni, l’azienda affermava di avere stretti legami con i dipartimenti di sicurezza del governo cinese e i servizi militari. Centinaia di pagine di contratti, le paghe degli impiegati, e la cronologia delle chat interne sarebbero state diffuse da un dipendente scontento della società. 

I documenti – analizzati da esperti di sicurezza informatica di tutto il mondo – rivelano che gli hacker, assunti dal governo cinese, erano stati incaricarichi di prendere di mira i governi stranieri, gli istituti di ricerca, i fornitori di servizi di telecomunicazione, i dissidenti, gli uiguri all’estero, e persino i concorrenti nel settore della sicurezza informatica. I-Soon ha penetrato gli uffici governativi di diversi Paesi, tra cui l’India, la Thailandia, il Vietnam e la Corea del Sud, solo per citarne alcuni. La paga, per aver fatto breccia nei sistemi informatici di un ministero governativo in Vietnam è di 55mila dollari, si scopre dai dati trapelati.

È stato inoltre rivelato che I-Soon possiede la tecnologia necessaria per accedere agli account di posta elettronica di Outlook e ottenere l’elenco dei contatti, è in grado di vedere i dati di geolocalizzazione degli iPhone e sapere l’indirizzo e-mail e il numero di telefono degli utenti di X, utili alla polizia cinese per rintracciare e identificare i cittadini. Ma non solo: tra i servizi offerti ci sono anche la possibilità di prendere il controllo del computer di un individuo da remoto. Negli ultimi anni, diverse persone sono state costrette a rimuovere i post che criticavano le autorità. L’appalto della sicurezza informatica agli hacker, infatti, sta dimostrando di essere più efficace dello spionaggio di Stato, soprattutto quando si tratta di obiettivi commerciali. Secondo gli analisti dell’organizzazione SentinelLabs, “la fuga di dati fornisce alcuni dei dettagli più concreti visti finora pubblicamente, rivelando la natura matura dell’ecosistema di spionaggio informatico cinese”.

Nel frattempo, il ministero degli Esteri cinese ha negato i legami del governo con I-Soon e le sue attività di hacking, e ha avviato delle indagini riguardo la fuga di informazioni. Tuttavia, lunedì, in un documento ufficiale, il ministero dell’Industria e della Tecnologia ha chiesto l’istituzione di un sistema di protezione dei dati. Ma non dei cittadini: la nota afferma che è necessario concentrarsi sulla tutela delle aziende che elaborano tecnologie chiave per la sicurezza nazionale e la sicurezza delle catene di approvvigionamento.

(ha collaborato Angeline Tan)

Fonte : Asia