Carne coltivata, cos’è questo riso ricoperto da cellule animali

Un team di scienziati sudcoreani sta lavorando a nuovo tipo di riso che integra la carne coltivata per garantire un apporto di proteine supplementari ai consumatori. L’idea è quella di offrire un’alternativa all’industria zootecnica, che potrebbe essere impiegata anche per far fronte al problema della malnutrizione nei paesi in via di sviluppo. Il progetto è al centro di un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Matter.

Il nuovo prodotto alimentare ha un nanorivestimento composto da enzimi di pesce e cellule bovine, è di colore rosa, un sapore che ricorda la frutta secca e può essere cucinato in modo simile al riso tradizionale. Rispetto alle varietà del cereale a cui siamo abituati, ha però un livello leggermente più elevato di grassi e proteine, che insieme a carboidrati, minerali e vitamine completano il suo profilo nutrizionale. Al momento, 100 grammi contengono il 7% di grassi e il 9% di proteine in più rispetto al riso tradizionale.

Costi più bassi

Finora non sono state segnalate controindicazioni: secondo gli esperti, consumare il riso sperimentale equivale a mangiare 100 grammi di riso e un grammo di manzo.

Tenere bassi i costi di produzione degli alimenti ibridi è un aspetto fondamentale per la loro diffusione nei paesi in via di sviluppo. Da questo punto di vista, creare riso arricchito con cellule di carne è più economico rispetto ad acquistare la fonte proteica separatamente. Secondo quanto scoperto dal team coreano, infatti, un chilogrammo del riso alla carne coltivata può costare 2,2 dollari, molto meno dell’equivalente di manzo.

I ricercatori sono molto ottimisti e sperano che con il tempo e ulteriori ricerche il loro riso possa essere utilizzato per integrare la dieta delle comunità affette da insicurezza alimentare, come alimento per i membri delle forze armate ma anche come metodo per mitigare l’impatto ambientale dell’industria del bestiame.

Un freno all’industria della carne

La crescente domanda di proteine nei paesi in via di sviluppo rappresenta una notevole sfida per l’industria dell’allevamento. Se da una parte gli esseri umani avranno bisogno di sempre più cibo, il numero di terreni disponibili per gli allevamenti è in costante calo e le emissioni di metano prodotte non possono più essere ignorate.

La carne coltivata è nata proprio come proposta per affrontare le sfide nutrizionali del futuro. Ma nonostante le sue potenzialità, l’industria è già oggetto di divieti imposti dalla politica, come nel nostro paese, e campagne diffamatorie finalizzate a alimentare i timori dei consumatori.

Ma c’è un’altra opzione per ridurre i gas serra prodotti dall’allevamento del bestiame: modificare geneticamente gli animali per ottenere esemplari che emettono una quantità di metano inferiore. È quello che prova a fare Semex, un’azienda canadese che sta lavorando alla prima generazione di mucche che inquinano di meno attraverso la selezione preventivamente del materiale genetico.

Questo articolo è apparso originariamente su Wired en español.

Fonte : Wired