L’oggetto più luminoso mai osservato nell’universo si trova a una distanza di 12 miliardi di anni luce da noi. Il quasar J059-4351 splende quanto 500 miliardi di soli ed è stato rilevato per la prima volta nel 1980 dalle immagini dell’European southern observatory (Eso), quando però venne scambiato per una stella a causa delle sue dimensioni.
Un quasar è un nucleo galattico attivo che contiene un buco nero supermassiccio, circondato a sua volta da un disco di materia che emette intense radiazioni. A un osservatore sulla Terra, un quasar appare come un un puntino luminoso in lontananza, e potrebbe essere quindi scambiato per una stella. Per confermare la composizione e le dimensioni di questi corpi è necessario ricorrere a onde radio, raggi X e raggi gamma.
Il quasar J059-4351
Adesso però il Very large telescope dell’Eso ha finalmente determinato la natura e le caratteristiche di J059-4351. Si tratta del prodotto di un buco nero attivo con una massa equivalente a 17 miliardi di soli. Come riportato nella rivista Nature Astronomy, ogni giorno il buco nero si nutre di una quantità di materia equivalente a quella della principale stella del sistema solare. Il gas e la polvere che non vengono divorati generano un disco di accrescimento di sette anni luce, equivalenti a 15mila volte la distanza tra il Sole e l’orbita di Nettuno, o a quasi due volte quella tra la Terra e Proxima Centauri. Samuel Lai, dottorando presso l’Australian National University e coautore dello studio, ha definito la scoperta “il più grande disco di accrescimento dell’universo“.
J059-4351 è stato ignorato per decenni perché il nucleo era troppo luminoso per essere considerato un quasar convenzionale. Una delle sue prime immagini fu ottenuta dalla Schmidt southern sky survey, ma i computer dell’epoca stabilirono che probabilmente si trattava di una semplice stella. “È una sorpresa che non sia stato rilevato fino ad oggi, visto che conosciamo già un milione di quasar meno impressionanti. È sempre stato davanti ai nostri occhi“, ha dichiarato Christopher Onken, un altro coautore dello studio.
La prossima sfida dell’osservazione spaziale
La scoperta dell’oggetto più luminoso conosciuto mette in risalto uno dei temi principali al centro della moderna osservazione spaziale. Mentre le agenzie spaziali continuano a sviluppare osservatori con capacità sempre maggiori e tecnologie più sofisticate, è fondamentale perfezionare anche i processi di analisi e filtraggio delle informazioni raccolte.
Man mano che nello spazio diventano visibili corpi sempre più lontani, l’umanità sta scoprendo fenomeni di dimensioni sempre più colossali. Le magnitudini spaziali, come quella dei quasar, devono essere aggiornate in modo da non trascurare altri oggetti che non rientrano nelle scale tradizionali. “Anche se abbiamo una quantità immensa di dati, se non siamo in grado di elaborarli bene molte scoperte passeranno inosservate“, ha sottolineato Mar Mezcua, dell’Istituto di scienze spaziali (Ice-Csic) di Barcellona.
Fonte : Wired