Macchinista Atac si ammala per l’amianto, Inps condannata a maxi pensione maggiorata del 50%

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La Corte di Appello di Roma ha condannato l’Inps al prepensionamento di Giancarlo Musilli, lavoratore Atac che per anni è stato esposto all’amianto. La sua salute si è progressivamente aggravata nel corso degli anni, con le fibre che gli hanno causato placche pleuriche e fibrosi polmonari diffuse. Una fortuna che sia sopravvissuto data l’esposizione per anni al pericoloso patogeno all’interno dell’officina.

“La sentenza è storica – ha dichiarato l’Osservatorio nazionale amianto – perché riconosce i benefici contributivi amianto e l’aumento della pensione con una maggiorazione del 50% fino alla data in cui l’operaio è andato in pensione”.

Musilli è stato conducente di linea per sette anni e poi macchinista della metro A per altri ventisette. In questo lasso di tempo, sottolinea l’Osservatorio, è stato “‘esposto sempre all’amianto utilizzato nei rotabili dei convogli della metropolitana, nelle parti meccaniche, quali guarnizioni e ferodi dei freni e frizioni, piuttosto che nelle coibentazioni”. Questo gli ha causato i problemi di salute sopra menzionati. Problemi che lo hanno portato a fare richiesta di prepensionamento, in un primo momento respinta dall’Inail, che non ha riconosciuto la malattia professionale collegata all’amianto. Di conseguenza è stato respinto anche il ricorso amministrativo.

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“Solo grazie all’azione legale dell’Osservatorio Nazionale Amianto, Musilli, assistito dal suo presidente, avvocato Ezio Bonanni, nel 2021 ha ottenuto dal Tribunale di Roma un parziale accoglimento delle sue istanze, l’ente è stato condannato al pagamento dell’indennizzo, ma non l’Inps a riconoscere prepensionamento”.

Musilli, tramite il suo legale, ha deciso di fare appello. La Corte ha riconosciuto che durante il lavoro non erano stati forniti dispositivi di protezione, e che la malattia dell’uomo era effettivamente correlata alla prolungata esposizione all’amianto. E, stavolta, ha disposto che l’Inps riconosca il prepensionamento.

“Giancarlo Musilli ha finalmente ottenuto una ‘parziale’ giustizia che ha riconosciuto i suoi diritti ma che non potrà di certo porre rimedio alla sua sofferenza fisica – conclude Bonanni – la mia amarezza è che ancora oggi molti altri impiegati in vari comparti continuano a trovarsi di fronte a un bivio: scegliere di morire di fame o di lavoro”.

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Fonte : Fanpage